VISIONI

Sotto il segno di una nuova impertinenza

Capodanno
CRISTINA PICCINOITALIA

La fine dell’anno coincide coi bilanci, classifiche del meglio o del peggio, quello che si lascia quello che si porta, nell’anno che sta per finire estesi al decennio visto che quello nuovo fa cifra tonda: 2020. A fronte di questo ci piace giocare in modo un po’ diverso, immaginando invece le «classifiche» di quanto sta per arrivare, delle promesse più che delle certezze. Stavolta la regola era cinque oggetti, cinque possibilità, che può essere una sola ma che possono diventare di più perché una certa irriverenza (e resistenza) è la prima cosa che sarebbe bello vedere nell’anno che verrà. Un sentimento contrario alle logiche che ci soffocano, a quel modo di essere «comme il faut» che sembra dilagare un po’ ovunque immaginario compreso che invece dovrebbe essere spazio di scontro, di conflitto, di scoperta.
Cosa significa pensare al futuro al di là delle scadenze dei calendari, dell’agenda, di quegli eventi più o meno obbligati - anche piacevoli?
Il cinema dunque. Si parla di un nuovo film di Jean Luc Godard: ci sarà? Mistero come sempre col regista che ha da poco trasformato la sua stanza di lavoro a Rolle in una collezione permanente alla Fondazione Prada di Milano dal titolo Lo studio di Orfeo. Stesso mistero che avvolge il nuovo film di Paul Thomas Anderson, si sa solo che sarà sugli anni Settanta, vago certo ma su questo il regista americano ha realizzato forse uno dei film più capaci a restituirne il sentimento caotico e doloroso quale il magnifico Inherent Vice.
Tra le attese italiane c’è Il buco, il nuovo film di Michelangelo Frammartino, da Le quattro volte sono passati dieci anni, ma lui è un regista che lavora sull’ostinazione, sui bordi, su quanto rimane impalpabile: la sfida qui è filmare il buio, un corpo al corpo con l’immagine e, insieme, il suo «controcampo». E l’opera seconda di Leandro Picarella, Divinazioni, storia di un mago e filosofia del sentimento. Anche Franco Maresco ha promesso un film su Joe Lovano: lo vedremo o passerà ancora del tempo?
All’interno di Arte Fiera a Bologna (gennaio 2020), prenderà forma il nuovo lavoro di Zapruder, Anubi is not a Dog, set-performance dove per tre giorni sarà possibile seguire il loro lavoro dalla preparazione della scena al ciak, dal riscaldamento dei guests alla manipolazione del suono. L’immagine guida del progetto è una quadreria di cui gli unici soggetti sono cani. Sono alcuni frammenti nel molto altro, nelle grosse macchine (e produzioni) e in quegli angoli che si devono ancora scovare, lungo le piste che apriranno il nuovo decennio con cura e senza troppe zavorre.

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