CULTURA

La Germania delle ribelli senza voce di Theodor Fontane

Il 30 dicembre ricorre il bicentenario della nascita dello scrittore
ENRICO PAVENTIgermania

Nato a Neuruppin, una cittadina del Brandeburgo, il 30 dicembre del 1819, Theodor Fontane morì a Berlino quasi alla fine del secolo, il 20 settembre del 1898. Si trovò dunque ad attraversare gran parte dell’Ottocento: un’epoca che vide bruschi rivolgimenti e drastiche restaurazioni, numerosi conflitti bellici e lunghi periodi di pace, spietate campagne imperialistiche e sensazionali scoperte scientifiche. Di tutto ciò fu attento testimone per oltre cinquant’anni. Il bicentenario della nascita ci offre ora l’occasione per una valutazione della sua opera, ampia e composita, anche alla luce dei nuovi contributi forniti dalla critica letteraria, soprattutto tedesca. Un’opportunità, insomma, per tornare a riflettere sui tanti scritti e, in particolare, sui romanzi di un autore che in Italia, purtroppo, non è mai stato molto noto.
VA SUBITO OSSERVATO come egli sia arrivato alla narrativa piuttosto tardi, vale a dire quasi a sessant’anni. In precedenza, una volta conclusi gli studi di farmacia e superato il relativo esame di Stato che gli avrebbe consentito di esercitare quella professione, si era dedicato alla stesura di resoconti di viaggio, diari di guerra, recensioni teatrali, liriche di circostanza, corrispondenze dall’estero, scritti biografici e autobiografici. Aveva di conseguenza alle spalle una lunga pratica di scrittura che - ha osservato di recente una sua biografa, Regina Dieterle - avrebbe senz’altro contribuito a rendere la sua prosa concisa e scorrevole. Un aspetto stilistico che balza all’occhio sia nei quattro volumi delle Wanderungen durch die Mark Brandenburg le quali, date alle stampe tra il 1862 e il 1882, costituiscono una monumentale e riuscita miscela di attualità, storia e folklore utilissima, ancora oggi, a quanti siano interessati a visitare quella regione situata nei dintorni di Berlino, che nei romanzi.
ANCORA A PROPOSITO dell’estesissimo diario di viaggio appena citato, sembra rilevante sottolineare come, sotto il profilo tematico, abbia rappresentato una copiosa fonte per le opere narrative che sarebbero state scritte in seguito.
Tra il 1878 e il 1889, vale a dire tra il 59esimo e il 79esimo di età, l’ormai ex farmacista pubblicò un notevole numero di articoli e recensioni, un volume di racconti e tre opere autobiografiche; diede inoltre alle stampe, come abbiamo visto, gli ultimi due tomi delle Wanderungen e ben sedici romanzi.
UN’ATTIVITÀ FEBBRILE che oggi si tende a considerare il coronamento di un itinerario lungo e poliedrico, il maggiore contributo tedesco al romanzo borghese e una delle più prodigiose stagioni creative dell’intera letteratura universale.
Nei suoi testi narrativi, che si svolgono prevalentemente nella Germania guglielmina e sono in gran parte ambientati a Berlino o comunque nelle vicinanze della metropoli, l’individuo subisce il forte condizionamento esercitato dalle convenzioni sociali tanto da risultarne spesso oppresso, sconvolto e condannato. La critica di Fontane si indirizza di conseguenza nei confronti di un sistema sociale e statale che impone l’osservanza di regole ferree, le quali impediscono alla singola persona di dispiegare la propria spontaneità inducendola, al contrario, a mortificare i propri sentimenti optando per comportamenti ispirati a un avvilente conformismo. In altri termini: la violazione dell’ordine imposto dalla collettività costringe parecchi personaggi di Fontane a rinunciare alla realizzazione di ogni desiderio e ad accettare un castigo. Egli scrive al riguardo in una lettera del 1884: «La mia intera produzione intende delineare alcuni caratteri psicologici, portarne alla luce qualche aspetto rimasto nell’oscurità, criticare l’esistente». E come stupirsi se le vittime di un contesto del genere saranno in genere alcune giovani le cui esigenze umane, emotive e sessuali sono destinate al sacrificio?
I PERSONAGGI di Lene Nimptsch (in Amori, errori, Greco e Greco, 1997), di Corinna Schmidt (La signora Treibel, Apeiron Editori, 2003) e della stessa Effi Briest - la protagonista del romanzo omonimo (Feltrinelli, 2014) - appaiono al riguardo assolutamente esemplari. Su tutto domina, in ogni caso, il sereno distacco con il quale l’autore guarda alle proprie creature e il tono ironico che ne connota le pagine.
Va da ultimo sottolineata la qualità della scrittura. Occorre cioè mettere in rilievo, a questo proposito, come Fontane possieda la capacità di descrivere i tratti delle sue tante figure attraverso le loro parole. Il suo «romanzo di conversazione» diventa spesso, di conseguenza, un’opera di grande teatro che si caratterizza per la profonda introspezione psicologica, la stratificazione del lessico, la leggerezza e la coralità. Un avvincente scambio verbale che, reso con magistrale perizia, contribuisce a rendere vivi i personaggi del narratore di Neuruppin e a imprimerli nella nostra memoria.

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