VISIONI

La Dea Fortuna ha un segreto, lo svela Ferzan Ozpetek

Da domani nelle sale il nuovo film del regista turco con Stefano Accorsi, Edoardo Leo e Jasmine Trinca
SILVANA SILVESTRIITALIA

I due piani su cui si snoda il nuovo film di Ferzan Ozpetek sono stati da lui già percorsi recentemente in Napoli svelata, dove prevalevano i percorsi misteriosi. Qui gli elementi della cultura arcaica sono più suggeriti, ma ben presenti nell’impianto narrativo. La dea fortuna del titolo è l’elemento del fuori campo che impenetrabile scruta gli esseri umani dall’alto, mentre laggiù si affannano a intrecciare i loro destini, così già segnati da lontano che difficilmente riusciranno a districarsi, responsabili di scelte e oscure preferenze.
UNA SPLENDENTE Jasmine Trinca, la donna che piomba nella vita incrinata di una coppia perché si prenda cura dei suoi figli in un momento difficile è come il volto del destino stesso che arriva improvvisamente e che bisogna fronteggiare. Come farebbe una antica divinità svanisce, ma riappare se evocata.
Il secondo piano del racconto è dedicato alle minuzie, alla prosaicità della vita quotidiana che nel cinema si fa emotività, melodramma, comicità, allusione, evocazione. Qui entra in scena la direzione artistica, l’agitatore di personaggi e sentimenti a firma Ozpetek. Nella sua vasta palette di personaggi ci sono quelli che già abbiamo incontrato nei suoi film precedenti e i nuovi a misurarsi con il pericoloso crinale delle situazioni sollevate in una dimensione più astratta dalla musica. Nella coppia in crisi si misurano l’intellettuale frustrato e pacatamente nevrotico, traduttore di filosofi del settecento (Stefano Accorsi) e l’idraulico rampante ma controllato (Edoardo Leo), dalla professione oggi assai appetibile e dalle inclinazioni speculative dichiarate («l’impianto idraulico è come il corpo umano con le sue vene e le sue arterie»). La camera si inebria dei loro due volti, come a scrutarli mentre procedono verso il loro destino. Saranno forti o deboli, succubi delle circostanze o inventivi? E nonostante la solitudine delle decisioni da prendere, tutto un clan di amici li sorveglia, come un coro greco. L’effetto Titanus anni cinquanta, l’effetto commedia all’italiana anni settanta, perfino Coline Serrau e Nimoy è appena sfiorato e abbandonato al momento giusto, si resta col fiato sospeso come per dei funamboli sul filo, ma sono bene allenati.
DRAMMA E COMMEDIA? «È il mio modo di vedere la vita», dice Ozpetek, un modo di alleggerire le cose. Un altro dei suoi segreti è quello di prendere spunto dalla vita reale, a cominciare dagli sconvolgimenti che può portare una malattia improvvisa di un conoscente, amici che rompono un rapporto consolidato negli anni, perfino l’incontro con un idraulico chiamato a riparare il bagno, sorpreso poi a colloquiare con il water. E inoltre il coinvolgimento totale dei suoi attori e dell’intero quartiere dove il film è stato girato, un assedio di appartamenti, strade e negozi. Una sceneggiatura (Gianni Romoli, Ozpetek e Silvia Ranfagni) sempre rimessa in discussione pur nella sua struttura di ferro. Il viaggio del film deve arrivare fino a quel l’antico maniero siciliano che parrebbe pleonastico se non ne avesse il dominio una principessa strega delle favole (Barbara Alberti) che ha tirato da lontano i fili dei destini di più persone e ancora lo farebbe, se potesse. Tutto è duale, il maschile e il femminile, i due protagonisti complementari nei loro caratteri, le due personalità materne, i due bambini, sfaccettature che si alternano a indicare la complessità umana.
MA UNO DEI NUMI nascosti dietro il film è Mina in persona, amica del cuore del regista, a cui lui fa leggere i copioni, chiede consigli e che nel film canta Luna Diamante, scritta da Ivano Fossati e inserita nel suo recente disco di duetti con il cantautore genovese: «Mina, dice Ferzan Ozpetek, è una delle persone più importanti della mia vita. Lei mi ha suggerito Barbara Alberti. Quando siamo arrivati al palazzo con quegli armadi pieni di Chanel e l’autentica principessa scendeva le scale ho pensato ’la voglio così’, e non ero più sicuro della scelta. Ho mandato un messaggio a Mina («mi hai messo nei casini») lei si è messa a ridere e ha detto: «vedrai che andrà bene».

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