EUROPA

Una colata di cemento sull’Adriatico, «oggi raccogliamo i frutti»

ABUSIVISMO EDILIZIO
ALESSANDRA BRIGANTIalbania/durazzo

«Benvenuti nella repubblica delle betoniere». Si concede il lusso del sarcasmo Mirela Jorgo il giorno dopo il terremoto che ha colpito l’Albania, il più forte degli ultimi quarant’anni. La solidarietà si mescola alla rabbia per una tragedia che in parte poteva essere evitata. Avvocata e attivista, Mirela è da anni in prima fila contro la speculazione edilizia a Durazzo, la città più devastata dal sisma.
È lei ad aver condotto la battaglia legale contro la “Veliera”, il controverso progetto urbanistico del valore di 4.6 milioni di euro presentato nell’aprile 2016 dal comune di Durazzo. Un progetto che mira a riqualificare un’area di 12mila metri quadri nella zona antistante il porto della città ma che aveva incontrato sin dall’inizio la forte opposizione di attivisti, archeologi e geologi albanesi. Inutilmente.
Durante i lavori iniziati nel novembre 2017, erano stati rinvenuti dei reperti archeologici murali e cimiteriali vicino alla Torre Veneziana, il castello della città. Ora quei reperti rischiano di andare perduti sotto la colata di cemento voluta dai Signori dell’abusivismo edilizio. Una vera e propria piaga che sta deturpando il territorio albanese da Durazzo a Tirana, da Fier a Valona. Secondo i dati dell’Istituto di statistica albanese (Instat) nel solo 2017 in Albania sono stati rilasciati 819 permessi edili, di cui 105 solo a Durazzo che si piazza al terzo posto dopo Tirana e Fier. Un aumento dell’88,3% rispetto all’anno precedente.
Lo scorso anno la piaga dell’abusivismo edilizio aveva suscitato anche le critiche del Fondo monetario internazionale (Fmi) che aveva chiesto a Tirana la sospensione di alcune opere in cantiere perché realizzate in un quadro istituzionale considerato eccessivamente improvvisato. «Tutte le concessioni, incluse quelle dei grandi progetti approvati di recente, sono il risultato di un processo non propriamente formale» aveva denunciato l’Fmi che sottolineava la necessità di una più scrupolosa analisi costi/benefici che tenesse conto anche del debito pubblico. Un richiamo anche questo caduto nel vuoto.
«Il governo Rama non ha fatto altro in questi anni che inondare di cemento l’Albania, spiega Mirela e lo ha fatto in sfregio ai movimenti civici che da anni si battono contro questa politica dissennata. Oggi stiamo solo raccogliendo i frutti di queste scelte».
Delle scelte che hanno trasformato la zona costiera in un parco giochi per turisti, devastata dai resort e dalle abitazioni costruiti fin sopra la scogliera che affaccia sull’Adriatico senza alcun riguardo per i siti archeologici, senza alcun piano edilizio sostenibile, senza alcuna considerazione della fragilità idrogeologica di un Paese ricco di fiumi e di montagne.
Il comune di Durazzo è stato uno dei maggiori beneficiari del programma “Rinascita urbana” finanziato dal governo attraverso il Fondo per lo sviluppo regionale. Dal 2014 al 2017 Durazzo ha ricevuto oltre 22,4 milioni di euro per realizzare 29 progetti. Di questi la Veliera è divenuto quello più simbolico per l’arroganza della speculazione che non si arresta nemmeno di fronte al patrimonio culturale della città.
Quella battaglia Mirela l’ha persa. Oggi davanti alle macerie di una delle più antiche città albanesi fa ancora più rabbia. Perché dietro un Paese che frana c’è una scelta politica ben precisa. Una scelta dietro cui si celano non solo gli appetiti degli immobiliaristi, ma soprattutto il riciclaggio di denaro sporco della criminalità organizzata che in questi anni ha aumentato a dismisura il suo peso all’interno del Paese, spesso in combutta con la classe dirigente. Non nasconde la sua delusione Mirela soprattutto nei confronti del premier socialista, che «aveva promesso un futuro luminoso per l’Albania ma che invece l’Albania l’ha precipitata indietro di almeno trent’anni. La gente continua ad andare via da qui, prosegue Mirela. Non c’è giustizia, non c’è speranza. Qui li puoi vedere bene i due volti dell’Albania, quella della speculazione edilizia dei potenti e quella delle persone comuni che vivono con duecento euro al mese. Non so se questa sarà la fine di Edi Rama, ma certo non ha più nulla da offrire a questo Paese. Nulla che non sia cemento».

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