VISIONI

La vita e l’assenza nell’immagine di un bambino

In concorso a Filmmaker Festival 2019 «Nel mondo» di Danilo Monte, sull’esperienza di diventare genitori
SILVIA NUGARAITALIA/MILANO

La videocamera come penna, il cinema come diario intimo: Filmmaker di Milano propone stasera due film legati dal filo rosso dell’autobiografia. Alle 19,30 all’Arcobaleno Film Center lo struggente Irène (2009) di Alain Cavalier, una lettera alla moglie morta nel 1972, un viaggio nelle tenebre di un lutto lontano ma ancora da rielaborare, proprio attraverso l’atto di filmare e di raccontare. Alle 21,45 al Cinema Beltrade, viene presentato in concorso Nel mondo di Danilo Monte, terzo capitolo di una trilogia sui legami familiari. Dopo Memorie - In viaggio verso Auschwitz (2014), incentrato sul rapporto con il fratello, e Vita Nova (2016) sull’esperienza della fecondazione assistita tentata dal regista insieme alla moglie e produttrice Laura D’amore, Nel mondo intreccia i fili tesi dalle due opere precedenti per una riflessione sulla vita e sull’assenza.
È PRIMAVERA, e viene al mondo Alessandro, quella vita nova tanto desiderata e sognata nel precedente film della coppia Monte-D’amore. Ad accogliere la creatura c’è il corpo avvolgente della madre mentre il padre filma e fissa nel tempo momenti di irripetibile meraviglia. La mano di lui a volte si allunga ad accarezzare il bambino mentre l’altra continua a filmare. A volte la videocamera cambia di mano, il bambino passa al padre ed è lei a filmare, un gesto che interroga la tradizione del cinema di famiglia in cui lo sguardo è quello del padre. Poi si torna ai ruoli di sempre perché «io non ho le tette» e lo sforzo di condividere in modo simmetrico la fatica di essere genitori si schianta contro il muro del corpo e dei suoi limiti. Il neonato non dà un attimo di tregua, impone uno stravolgimento nelle vite della coppia, richiede loro di mettersi completamente al servizio, di donarsi all’estremo delle proprie capacità e anche oltre. Quando la fatica è troppa emerge l’insofferenza: «Sento una gigantesca nostalgia della vita che facevo prima e tutto il senso di ’sta roba ancora io non lo vedo» dice lui. «È faticosissimo. La mia vita è molto più stravolta della tua. Però io lo sento il senso di questa cosa» dice lei.
GENITORI non si nasce, lo si diventa ma il percorso è ad ostacoli e nessuno ti insegna come evitarli: «C’è qualcuno che ci fa vedere come si fa ad allattare?» invoca Laura mentre tiene il bambino appena nato sul petto che pian piano capisce da solo come fare. Passano mesi di gioie e di pianto, ma il pianto non è disperazione, è la fatica di crescere, è il processo di apprendimento del mondo. Davanti alla videocamera, Alessandro impara a girarsi dalla schiena alla pancia, si protende verso l’obiettivo. Mentre lo vediamo piccolo già pensiamo a quando un giorno si rivedrà in queste immagini fare i primi sorrisi, soffrire di coliche intestinali, scoprire l’acqua del mare, gorgheggiare e poi parlare, alzarsi in piedi, gattonare e poi camminare.
PASSANO le stagioni, arriva la neve, il Natale, con i suoi canti e le sue luci, le giostre in piazza. Poi la giostra gira, è gennaio e il dolore appanna la vista. Un’urna cineraria da poco sigillata sta su un ripiano, la mano di Danilo l’accarezza, è di Tullio, suo fratello. In un album di vecchie foto c’è un bambino molto piccolo, piccolo come Alessandro, aveva tutta la vita davanti ma quanto dura una vita? L’immagine dei due bambini, quello di ieri che non c’è più e quello di oggi dà la vertigine del tempo: c’è il tempo ormai scritto che non tornerà e quello ancora tutto da vivere, senza copione. C’è il pensiero di ciò che fu, l’istante perduto nel momento stesso in cui lo si immortala, sperando che sia immortale, ma solo l’immagine rimane e il corpo passa, va, ed è di nuovo primavera.

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