VISIONI

«Il segreto della miniera», discesa all’inferno nelle viscere della Storia

DRAMMATICO
SILVANA SILVESTRIslovenia/bosnia

Una certa atmosfera da realismo socialista circola nel film di Hanna Antonina Wojcik-Slak Il segreto della miniera (Rudar) scelto come miglior film sloveno per gli Oscar. Qui un «eroe positivo» si impone inaspettato, racconto di fatti storici più che citazione stilistica, incandescente soggetto ben maneggiato dalla regista nata a Varsavia (classe 1975) qui al suo terzo film.
ALIJA (Leon Lucev) è il «minatore esperto», mandato dal capo a ispezionare una miniera ormai abbandonata per poi chiuderla definitivamente. In tempi di crisi le miniere di carbone chiudono una dopo l’altra e i minatori sono licenziati. Siamo nel pieno della crisi economica e politica del 2009, dopo un periodo prospero in cui la repubblica si era dimostrata tra le più avanzate economicamente della ex Jugoslavia tanto da vantare il titolo di «Svizzera dei Balcani».
Alija chiede al capo di essere affiancato da un compagno, ma è costretto a compiere il pericoloso incarico da solo, ad accompagnarlo viene mandato solo uno stagista sedicenne proveniente dalla scuola tecnica.
Il film si inoltra nelle gallerie oscure come nei meandri ancora sommersi della Storia, lasciando che emergano alla luce lutti non elaborati e conflitti non risolti. Da tante altre parti del mondo, soprattutto dal latinoamerica abbiamo visto il lavoro costante del riportare alla luce i resti dei desaparecidos, ma in questo caso riemergono vittime della seconda guerra mondiale, fosse comuni di centinaia di corpi di civili, donne e bambini, trecce e scarpine, murati dietro pareti di cemento. Alija arrivato come profugo da Srebrenica, ignorava il fatto che in paese tutti conoscevano e volevano occultare. Anche quando avverte la polizia, l’ordine è richiudere tutto. Ma Alija non accetta questa soluzione, vuole che ai corpi sia data sepoltura, lui stesso ha vissuto vicende altrettanto drammatiche, come la morte della sorella in Bosnia nel 1995.
IN QUESTO percorso nei lati oscuri della storia il film conduce lo spettatore sempre più a fondo, lo porta a fare i conti con la sua coscienza, a occultare fantasmi e scomode realtà. Il vero protagonista di questa vicenda, su cui si basa il film è Mehmedalija Alic che, come ha raccontato poi nelle sue memorie, trovò i corpi di oltre tremila persone in una grotta vicino alla città di Laško, civili trucidati perché considerati collaborazionisti dei nazisti. Dopo sette anni, nel 2016 è stata ricostruita la loro identità ed è stata data loro sepoltura.

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