COMMENTO

L’insidia della «Grandeur de Micron»

Balcani/Ue
TONINO PERNAbalcani/europa/Bruxelles

L’altro ieri (il 24 ottobre) il Parlamento europeo ha votato una risoluzione che sostiene l’avvio dei negoziati dell’Unione europea con l’Albania e la Macedonia del Nord, con il voto contrario delle «varie» Destre.
A partire dalla Lega e dalla République en marche, il partito di Macron, il leader che più di ogni altro si è opposto all’entrata di questi due piccoli paesi balcanici. Purtroppo, come sappiamo, il voto dell’europarlamento ha un valore simbolico perché l’apertura dei negoziati per l’allargamento della Ue dipende dai capi di governo dei paesi membri. L’apertura dei negoziati richiede l’unanimità. In questo caso oltre la Francia, anche l’Olanda e la Danimarca hanno votato contro, ma decisiva è stata la forte determinazione del leader francese. Il veto di Macron all’apertura dei negoziati per l’entrata dell’Albania e la Macedonia del Nord nella Ue è passato quasi inosservato, malgrado possa provocare una nuova ondata di instabilità nei Balcani. Bisogna sapere che, mentre esiste un malessere diffuso tra i paesi che fanno parte della Ue nei confronti di questa istituzione, i paesi dell’area balcanica sognano da un ventennio di entrare nell’Unione Europea. Finora ci sono riusciti solo la Slovenia e la Croazia ed hanno aumentato le aspettative in questa direzione. 

Per entrare a far parte della Ue, anzi solo per iniziare i negoziati sono stati chiesti a questi paesi una serie di riforme, in parte indirizzate all’apertura dei mercati - nel solco del neoliberismo - e in parte orientate verso una maggiore democrazia interna, nella costruzione istituzionale di una divisione ed autonomia del potere giudiziario, legislativo ed esecutivo. I governi di Tirana e Skopje hanno risposto positivamente a queste richieste e si sentivano ormai vicini a raccoglierne i frutti, a realizzare quello che è stato il sogno di una buona parte di queste popolazioni. E non sono mancati gli ostacoli che impedivano questo avvicinamento. In particolare, il premier macedone, Zoran Zaev , ha accettato di cambiare il nome alla sua nazione che adesso si chiama «Macedonia del Nord», rischiando la vita a causa della violenza dei nazionalisti macedoni che non volevano assolutamente accettare questo compromesso con la Grecia, il maggior avversario per l’entrata nella Ue di questo paese confinante.
Era difficile immaginare che dopo aver superato tanti ostacoli questi due piccoli paesi balcanici, con una popolazione che insieme non supera i cinque milioni, venissero bloccati nella loro legittima aspirazione dal presidente francese, a dispetto di Merkel e di tutte le maggiori cariche della Ue.

Insomma, Macron, che il movimento dei jilet jaune ha ribattezzato non a caso come «Micron», è un piccolo uomo che per qualche voto da strappare a Marine Le Pen umilia due popoli e i loro rispettivi governi, e provoca una grave instabilità politica in questi paesi che potrebbe contaminare tutta l’area balcanica. Infatti, l’obiettivo di entrare nella Ue è stato determinante in questi ultimi venti anni, per ridurre l’ondata di odio e il nazionalismo esasperato che covava dopo la tragedia degli anni ’90. Se ora i leader di Macedonia e Albania, che hanno scommesso tutto il loro prestigio e consenso nell’entrata nella Ue, si vedono sbattuta la porta in faccia, si aprirà un’autostrada per i nazionalismi più estremi in entrambi i paesi. In Albania, anche sotto la spinta dei nazionalisti kosovari si ritorna a parlare di Grande Albania, mentre nella Macedonia del Nord anche il fragile equilibrio, tra la minoranza albanese e la maggioranza macedone, rischia di saltare. I movimenti secessionisti avranno la meglio e questa nuova ondata di lotte intestine non potrà lasciare indifferenti le altre aree balcaniche, a partire dalla Serbia. Insomma, la Grandeur de Micron farà del male ai popoli balcanici che con tanto sforzo si stavano risollevando, e farà del male anche all’Unione europea che si dimostra sempre più cieca e inaffidabile. Solo un «grande statista» come il nostro Renzi può ancora vedere Macron come punto di riferimento e orizzonte politico per la sua «Esca Viva».

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