POLITICA

Cantone: «Corruzione, più burocrati che politici, ma nessuno ne parla»

DOSSIER ANAC 2016-2019. L’ADDIO DEL PRESIDENTE
REDAZIONEITALIA/ROMA

Non soldi ma posti di lavoro; non più tanto e solo politici ma soprattutto burocrati. E dopo aver sentito sbraitare di carcere e manette a ogni comizio, ora non se ne parla neppure più. È la fotografia della corruzione attuale in Italia scattata nell’ultimo dossier presentato da Raffaele Cantone come presidente dell’Autorità anticorruzione. Nel concludere il suo mandato, cui ha rinunciato prima della scadenza naturale prevista per marzo 2020, il magistrato che dalla prossima settimana tornerà al suo lavoro, dislocato all’Ufficio del Massimario della Cassazione, ha snocciolato i dati dell’ultimo triennio. E lanciato un allarme: «La parola corruzione nell’ultimo periodo è quasi scomparsa dall’agenda. Sembra quasi nessuno se ne occupi più».
«Sono oggettivamente preoccupato - ha sottolineato l’ormai ex presidente Anac, non nascondendo la delusione che probabilmente lo ha convinto a dare forfait anzitempo -, l’ho già fatto presente in sede delle apposite commissioni, dell’abbassamento di una serie di regole di cautela nel sistema di legge sugli appalti. Non so se sia frutto o meno di una diversa sensibilità ma registro questo dato». Forse una certa politica non ha più bisogno della figura del corrotto da mettere alla gogna per aizzare rancore e revanscismo popolare. Cantone non la mette esplicitamente così, però puntualizza: «È giusto dare un segnale, va bene inasprire le pene ma non è con le manette che si vince l’evasione. E nemmeno la corruzione».
E così la corruzione, nel silenzio generale, si è trasformata negli ultimi anni. Non che siano scomparsi i casi di politici corrotti. Tra il 2016 e il 2019 sono stati arrestati 207 pubblici ufficiali o incaricati di pubblico servizio di cui 43 politici: 20 sindaci, 6 vice-sindaci, 10 assessori (più altri 4 indagati) e 7 consiglieri.
Il settore più a rischio è quello legato ai lavori pubblici, seguito dai rifiuti e dalla sanità. Gli enti maggiormente colpiti sono i Comuni: il 41% dei casi hanno avuto luogo proprio nei municipi, seguiti dalle società partecipate (16%) e dalle Aziende sanitarie (11%). «Nel periodo in esame sono stati 207 i pubblici ufficiali/incaricati di pubblico servizio indagati per corruzione - riferisce il dossier - Indicativo è il tasso relativo all’apparato burocratico in senso stretto, che annoverando nel complesso circa la metà dei soggetti coinvolti si configura come il vero dominus: 46 dirigenti indagati, ai quali ne vanno aggiunti altrettanti tra funzionari e dipendenti più 11 Rup (responsabile unico del procedimento)». La merce di scambio è soprattutto il lavoro, e innanzitutto al Sud l’assunzione di coniugi o familiari è stata riscontrata nel 13% dei casi. Mentre «il 74% delle vicende (113 casi) ha riguardato l’assegnazione di appalti pubblici, a conferma della rilevanza del settore e degli interessi illeciti a esso legati per via dell’ingente volume economico - osserva il dossier - Il restante 26%, per un totale di 39 casi, è composto da ambiti di ulteriore tipo (concorsi, procedimenti amministrativi, concessioni edilizie, atti giudiziari, ecc.)».
La Sicilia è la regione al top della triste classifica con 28 episodi registrati nel triennio (18,4%), seguita da Lazio con 22 arresti (14,5%) e Campania con 20 (13,2%). Ma tutte le regioni sono coinvolte. Solo in Molise e in Friuli Venezia Giulia in quel particolare periodo non sono state comminate misure cautelari per reati legati alla corruzione.
In generale nel 48% dei casi legati ad appalti si corrompe tramite mazzette, spesso molto esigue, dai 3 mila fino ad appena 50 euro. Ma i benefit sono di vario tipo: dall’assegnazione di prestazioni professionali (11%), specialmente sotto forma di consulenze o regalie (7%), fino a (un’altra porzione del 21%) benzina, pasti, pernotti o ricompense attraverso ristrutturazioni edilizie, riparazioni, servizi di pulizia... E persino traslochi o escort.

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