Atteso con curiosità, il film che Andrea Adriatico ha dedicato alla figura di Mario Mieli è stato presentato al pubblico ieri sera come pre-apertura della Festa del cinema di Roma. Gli anni amari, questo il suo titolo, ripercorre le tappe principali della vita troppo breve di un genio che ha ancora molto da dire al nostro mondo confuso in cui la violenza contro ogni forma di alterità convive con l’apparente sdoganamento di modi nuovi di interpretare i codici di genere. Nato a Milano nel 1952 e morto suicida nel 1983, Mieli ha scritto, letteralmente e metaforicamente, pagine fondamentali della storia del pensiero e delle lotte omosessuali. Dell’autore di Elementi di critica omosessuale, interpretato dall’esordiente Nicola Di Benedetto, il biopic mostra le eccentricità e segue le gesta sin dagli anni del liceo classico Parini quando già suscitava scandalo e ammirazione vestendosi preziosamente e presentandosi come «Mario, o se preferite Maria».
LA PRIMA PARTE della vita di Mieli viene ripercorsa tra viaggi esaltanti in una Londra che «sembra un altro pianeta», amori e amicizie nel Gay liberation front, gli studi di filosofia e la prima manifestazione pubblica del neonato Fuori! a Sanremo insieme ad Angelo Pezzana e a Françoise d’Eaubonne per protestare contro un convegno di sessuologi e psichiatri convinti che l’omosessualità fosse una malattia da curare e una devianza da reprimere. Poi Mario rompe con il Fuori!, contribuisce a creare i Collettivi Omosessuali Milanesi, pubblica gli Elementi con Einaudi e porta avanti un approccio rivoluzionario in cui la lotta di classe e lotta di liberazione sessuale sono inscindibili. In uno dei saggi recentemente raccolti da Massimo Prearo e Paola Mieli nel volume La gaia critica. Politica e liberazione sessuale negli anni Settanta. Scritti (1972-1983), Mario scriveva: «io gli omosessuali li voglio vedere diffusi in quegli ambienti dove si sta creando la rivoluzione, e cioè le fabbriche, i fabbriconi occupati, gli ambienti femministi, e i supermercati, i tram, i cinema, i cessi pubblici, che da ambienti del nostro ghetto possono diventare degli ambienti in cui si fa l’amore». Il film mostra infatti, tra ricostruzione e repertorio, quando Mieli fu inviato dalla Rai a condurre interviste tra gli operai, discutendo con loro di sessualità, omosessualità e norme, come in una rinnovata versione di Comizi d’amore.
LA PAROLA si liberava e ne emergeva un’immagine del proletariato molto più sfaccettata di quanto non si potesse pensare. Gli anni amari è dunque il ritratto di un’epoca e di un paese: l’Italia plumbea del caso Moro, di un omofobo proletariato giovanile al Parco Lambro, della nascente P2 fino alle prime avvisaglie dell’Aids ma anche gli anni dirompenti del femminismo e di un movimento omosessuale che scompigliava la sinistra e inventava nuove forme di lotta e di linguaggio politico. Accanto a Mieli si ritrovano figure della vita collettiva che per lui furono amici e compagni di strada: Corrado Levi, Piero Fassoni, Ivan Cattaneo, Milo De Angelis, Fernanda Pivano, che ospitava a casa sua le prime riunioni del Fuori! e Umberto Pasti, con cui ebbe una tormentata relazione. Ma gli anni del film sono amari anche per il profondo conflitto che Mario ebbe con la sua famiglia alto borghese: padre imprenditore (Antonio Catania) per cui «tutto bene fuorché frocio» e madre sensibile ma succube (Sandra Ceccarelli).
LA FAMIGLIA fece di tutto per impedire la pubblicazione del romanzo autobiografico Il risveglio dei faraoni che Mario scrisse prima di togliersi la vita. Biopic dai toni vintage, Gli anni amari corre un po’ il rischio di limitare il lascito di Mario Mieli a slogan e provocazioni estetiche, che certo gli appartennero, ma sono anche la superficie di una figura di intellettuale, pensatore raffinato che studiava moltissimo, scriveva con impegno e dedicava molto tempo alla militanza. Il film mostra anche che Mieli fu artista, persona di teatro, per cui il travestitismo non era solo un modo per épater les bourgeois o una pantomima della Callas ma un rischio e una pratica di conoscenza di sé e del mondo, di svelamento di quanto di vero può comunicare uno sguardo su desideri e paure sociali. Se questo film solleciterà chiunque, soprattutto i giovani, a conoscere Mario Mieli e a studiarne il pensiero, questo ritratto avrà raggiunto uno scopo virtuoso. L’uscita in sala è prevista in primavera.