EUROPA

Stretta contro le ong, a rischio la più importante del Paese

RUSSIA, IL MINISTERO DELLA GIUSTIZIA INTENTA UNA CAUSA PER LO SCIOGLIMENTO DI «PER I DIRITTI UMANI»
YURII COLOMBOrussia/mosca

Si stringe sempre di più il cappio del governo russo contro l’opposizione. Ieri con una decisione senza precedenti il ministero della Giustizia ha intentato una causa presso la Corte suprema per lo scioglimento del movimento «Per i diritti umani» di Lev Ponomarev, a causa di ripetute violazioni della legge del paese. La Corte suprema esaminerà il fascicolo il 14 novembre, ma la sorte della più importante organizzazione non governativa russa, sembra segnata. Ponomarev è una figura notissima in Russia. Fisico di fama e amico personale di Andrey Sacharov, fu nel 1988 tra fondatori della Fondazione Memorial che opera senza posa per far conoscere la tragedia della repressione politica in Urss. Più volte deputato, l’ex fisico di Tomsk ha fondato nel 1997 la ong «Per i diritti umani» che è divenuta ben presto l’associazione umanitaria più estesa geograficamente, con oltre una quarantina di sedi sparse un po’ dovunque.
Il ministero afferma che «Per i diritti umani» non solo ha più volte violato la legge e inadempiuto al pagamento di numerose multe comminategli ma soprattutto accusa l’ong di essere un «agente straniero», un’associazione cioè che riceve finanziamenti dall’estero e opera a vantaggio di altri governi.
La «legge sulle agenzie straniere» fu fortemente voluta da Putin nel 2014 per mettere fuori gioco buona parte dei think-thank e associazioni considerate non allineate come la «Open society» di George Soros ma anche strutture apolitiche come «Giustizia Russa» che opera nel Caucaso per difendere principalmente i diritti degli individui Lgbtq e le donne, la quale si è vista in agosto confiscare gran parte dei propri documenti e del proprio materiale.
Il movimento di Ponomarev ha subito annunciato che difenderà la sua posizione alla Corte suprema e, se necessario, si rivolgerà alla Corte europea dei diritti dell’uomo. «È indiscutibile che se anche perdiamo in tutti i tribunali e il movimento verrà sciolto, ci ricostituiremo in qualche altra forma. In quale forma ancora non lo so, è necessario osservare lo sviluppo degli eventi. Il movimento ha ventidue anni. Questo è uno dei più vecchi e celebri movimenti per i diritti umani nel paese: non scomparirà» ha dichiarato Ponomarev in un’intervista al moscovita Kommersant.
Anche la presidente della Commissione europea Ursula Van der Leyen, una volta avuta la notizia dell’attacco alla libertà di associazione in corso, ha voluto informare il Cremlino della propria apprensione per quanto sta avvenendo. «Comprendo che un’ispezione condotta dal ministero della Giustizia nel gennaio 2019 ha rivelato alcune irregolarità nelle segnalazioni dell’organizzazione alle autorità», ha dichiarato Van der Leyen per poi proseguire: «Tuttavia, le norme europee in materia di diritti umani specificano che lo scioglimento di una ong può essere utilizzato solo come ultima risorsa, limitato a circostanze eccezionali giustificate da una grave colpa. Le autorità russe hanno applicato la legge sugli agenti stranieri contro il movimento per i diritti umani in tutta la Russia e il suo leader Lev Ponomarev almeno sette volte dall’inizio di quest’anno, imponendo sanzioni che comportano un pesante onere finanziario per le legittime attività sui diritti umani. Ancora una volta, ciò dimostra che la legge sugli agenti stranieri e la sua applicazione rappresentano una grave ingerenza nei diritti della libertà di associazione della società civile e dei difensori dei diritti umani, e che spesso si traduce in molestie».
L’organizzazione di Ponomarev non è la sola ad essere posta sotto la lente d’ingrandimento degli organi di sicurezza. Lunedì la struttura dell’oppositore Alexey Navalny, «Fondazione anticorruzione», è stata registrata anch’essa come «ente straniero» entrando nell’orbita di quelle realtà che rischiano di subire costanti richiami e multe, e financo, come stiamo vedendo, lo scioglimento d’imperio. Navalny, in un comunicato, ha negato di «aver ricevuto neppure un copeco» dall’estero e di essere pronto a sfidare il governo davanti a qualunque corte. Malgrado ciò il giorno successivo la polizia ha perquisito oltre trenta sedi della sua fondazione alla ricerca di prove che lo possano inchiodare.

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