SOCIETA

«Fame, guerra e caos climatico: fermarli si può»

JEFFREY SACHS ALLA PLENARIA FAO
MARINELLA CORREGGIA ITALIA/ROMA

«Non è una pia illusione farla finita con le guerre, con il caos climatico e con la fame», ha detto con efficace semplicità Jeffrey Sachs, economista statunitense, nel suo lungo intervento in plenaria alla Fao, per la Giornata mondiale dell’alimentazione.
«Le guerre sono le attività umane più stupide e costose; il mio Paese, gli Stati uniti, ne ha fatte molte, violando il diritto internazionale e la Carta delle Nazioni Unite; le guerre sono un atto volontario, una scelta che è dunque possibile evitare. Nessun Paese dovrebbe entrare in guerra contro un altro».
Insieme alle guerre, l’emergenza climatica, un altra sfida che si può vincere: «Molto chiaramente, dobbiamo uscire dall’uso del petrolio, del gas e del carbone e passare al solare, all’idrogeno, al geotermico e ad altre fonti a zero emissioni, completando il percorso entro la metà del secolo. Occorrono piani precisi su come arrivarci, perché gli scienziati dell’Ipcc sono molto espliciti sulla necessità di arrivare alla neutralità in carbonio».
Anche la fame - problema soprattutto nell’Africa subsahariana e in aree dell’Asia - non è certo invincibile ed è il frutto, fra l’altro, di grandi ingiustizie. Per arrivare a soddisfare i diciassette obiettivi dello Sviluppo sostenibile entro il 2030, il secondo dei quali è «fame zero», occorre l’impegno dei governi, dei popoli e di tutte le agenzie dell’Onu ma anche del Fondo monetario internazionale (nella cui nuova gestione Sachs sembra sperare); è importante il Green Climate Fund «che può migliorare la vita e la produttività anche nelle aree rurali più povere, con l’energia solare introducendo fra l’altro le pompe solari». Ma l’industria alimentare globale ha grandi responsabilità e colpe: «Le grandi compagnie non producono cibo sano ma cibo spazzatura e dicono "non è il mio problema e così i cibi trasformati producono un’epidemia di obesità; spesso i processi produttivi e la catena di approvvigionamento non sono sostenibili socialmente ed ecologicamente; e l’evasione fiscale nelle varie forme fa di molte compagnie delle entità non responsabili verso la collettività».
«Il denaro per uscire dalla fame e dalla povertà c’è, solo che non lo hanno i poveri. Il mondo ha un prodotto interno lordo di 100.000 miliardi di dollari; e i quindici più ricchi del pianeta hanno in banca 15.000 miliardi di dollari... pensiamo a Bill Gates e a Mark Zuckerberg».
Jeffrey Sachs, paragonando la situazione sociale, economica ed educativa in Cina e Africa, ha sottolineato alcune delle strategie cruciali per uscire dalla miseria e dalla fame, aumentando la produttività agricola. È cruciale il ruolo dell’educazione, in particolare quella delle ragazze, senza la quale il continente africano potrebbe in pochi decenni superare i 4 miliardi di abitanti. Con la tecnologia e le energie pulite può aumentare la produttività agricola e si possono affrontare le emergenze cruciali del nostro tempo, che non conoscono frontiere: inquinamento chimico, uso dell’acqua, ciclo del fosforo e dell’azoto, crisi climatica, acidificazione degli oceani, perdita di biodiversità, deforestazione con le sue cause anche nei modelli di consumo (il rappresentante del governo brasiliano, piccato, ha risposto che carne e soia non provengono da aree amazzoniche deforestate ...).
Discutibile lo scenario città-campagna proposto da Sachs: «I servizi si offrono meglio nelle città; dunque con l’aumento della produttività agricola il tasso di urbanizzazione potrà essere molto superiore. In Cina alla metà del secolo potrebbe essere pari all’80% della popolazione, in India e in Africa al 50%. Nel mio Paese gli agricoltori sono solo l’1% e nutrono tutta la popolazione». Non un modello sostenibile, però.

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