INTERNAZIONALE

I dem ci provano. Ma a rischiare di più è Biden, non Trump

La procedura di impeachment ha poche possibilità al Senato e rischia di accendere le luci sugli affari dello sfidante democratico
MARINA CATUCCIusa/ucraina

«Le azioni del presidente hanno violato la costituzione, nessuno è al di sopra della legge. Il presidente deve essere ritenuto responsabile per il suo tradimento della sicurezza nazionale e dell'integrità delle nostre elezioni». Così ha detto la speaker della Camera Nancy Pelosi nella sua breve, quanto dura, dichiarazione per annunciare la decisione dei democratici di aprire un processo di impeachment contro il presidente.
In queste frasi c'è il sunto delle motivazioni e di quella che, probabilmente, sarà la linea di accusa dei progressisti; Pelosi ha posto l'accento sull'abuso di potere operato da Trump approfittando della sua posizione come presidente degli Stati uniti, al fine di ottenere informazioni, o anche solo alzare un polverone infamante, nei confronti di Joe Biden, suo potenziale avversario alle presidenziali 2020.
QUESTO È DI FATTO IL TERZO processo di impeachment della storia Usa; il primo, quello per Andrew Johnson, risale al 1868, un secolo dopo, nel 1998 riguardò Bill Clinton. Nixon, invece, si dimise prima di essere messo sotto processo; nessun presidente è mai stato sollevato dall'incarico tramite un impeachment e probabilmente non accadrà nemmeno a Trump, ma lo metterà in una posizione estremamente scomoda per molti mesi. L'impeachment non rimuove un presidente dalla carica; è più simile a un'accusa per «tradimento, corruzione o altri reati».
Allo stato attuale l'annuncio di Nancy Pelosi è stato importante, ma praticamente non è ancora cambiato molto; il comitato giudiziario della Camera aveva già avviato un'inchiesta su Trump a luglio e sei commissioni parlamentari stanno conducendo indagini e dovranno fornire le prove di abusi e «disfunzioni» politiche al comitato giudiziario, che, a quel punto, dovrà valutare se queste prove sono sufficienti ed in caso tenere una votazione su uno o più articoli di impeachment. Se la maggioranza dei membri della Camera voterà per l'impeachment, il caso si sposterà al Senato, che terrà un processo e quindi votare se condannare il presidente.
LA CAMERA, ora controllata dai democratici, probabilmente voterà per l'impeachment di Trump, ma quando il caso arriverà al Senato, controllato dai repubblicani, il presidente avrà un vantaggio, dovuto anche al fatto che la Camera vota a maggioranza semplice, per il Senato, invece, è necessario un voto dei due terzi e sembra improbabile che accada. Al momento tanto i repubblicani quanto il presidente sono rimasti fedeli alla loro posizione iniziale, secondo cui Trump non avrebbe offerto al presidente ucraino Zelensky alcun incentivo monetario (si parla di centinaia di milioni di dollari) e non l'avrebbe minacciato al fine di compromettere Biden; «Dal punto di vista del quid pro quo, non c'è niente», ha affermato il senatore Lindsey Graham della Carolina del Sud. Alcuni leader repubblicani, invece, stanno cercando di spostare l'attenzione sul Nancy Pelosi, accusata di «cercare di indebolire il presidente» per partigianeria.
TRAMITE LA TRASCRIZIONE della telefonata tra il presidente Usa e l'ucraino, sappiamo che Trump non ha esplicitamente menzionato nessun quid pro quo, e anche se l'ipotesi che avesse rilasciato in modo proattivo un documento che lo dimostrasse impegnato in un esplicito quid pro quo con un governo straniero era sempre sembrata inverosimile, vale la pena sottolineare che di fatto non c'è. Trump ha solo affermato in modo allusivo, che gli Stati Uniti sarebbero stati «molto, molto bravi in Ucraina», e il documento indica che ha sottolineato, molto presto nella telefonata anche quanto gli Stati uniti possono essere bravi, in una telefonata dove si parla, invece esplicitamente di «fare un favore» agli Usa.
IL TONO DELLA CONVERSAZIONE, la scelta dei termini, i poco confondibili non detti, tutto disegna uno scenario che se fosse cinematografico sarebbe tra l'adescamento e l'avvertimento mafioso, il tutto per danneggiare un candidato che potrebbe anche non diventare quello prescelto dalla base democratica come loro rappresentante alle prossime elezioni. Al momento Biden è in testa ai sondaggi, seguito da uno stabile Bernie Sanders e Elizabeth Warren, in crescita.
Le primarie si apriranno ufficialmente il 3 febbraio in Iowa e per allora le cose potrebbero essere molto diverse. Questa mossa di Trump potrebbe, in un colpo solo, aver indebolito tanto la sua, quanto la candidatura di Biden, aiutato Sanders e Warren e acceso un occhio di bue sui maneggi presidenziali che da ora in poi saranno molto più difficili da attuare.

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