INTERNAZIONALE

Le isole Salomone rompono i rapporti con Taiwan

PRESSING CINESE
ALESSANDRA COLARIZITaiwan/isole Salomone

«Il popolo taiwanese non si arrenderà». Parola di Tsai Ing-wen, ex leader del Partito Progressista Democratico (Dpp) e presidente di Taiwan.
A poche ore dall’annuncio della rottura dei rapporti diplomatici con le isole Salomone, la leader taiwanese ha accusato la «diplomazia dei dollari» dispiegata da Pechino per emarginare l’isola democratica sullo scacchiere globale. Il divorzio - che mette fine a 36 anni di partenariato - è stato approvato lunedì dal governo di Honiara con 27 voti a favore, zero contrari e 6 astenuti.
Scendono così a 16 i paesi a mantenere rapporti formali con l’ex Formosa. Sei (Burkina Faso, Repubblica Dominicana, São Tomé e Principe, Panama ed El Salvador) quelli ad aver preferito la Cina da quando Tsai è giunta al potere nel 2016 con un’agenda filo-indipendentista. Da allora la mancata accettazione formale del principio «una sola Cina» - alla base della normalizzazione dei rapporti sotto la precedente amministrazione nazionalista - ha fatto precipitare gli scambi tra le due sponde dello Stretto a nuovo minimo storico. La perenne minaccia di un'invasione cinese non è servita ad ammorbidire la posizione di Taipei.
Pechino considera l'isola una provincia ribelle da riannettere ai propri territori anche con l'uso della forza. Nell'ultimo anno, l'incremento delle esercitazioni militari nel quadrante è stato accompagnato dall'offerta di un ricongiungimento pacifico: la rinuncia definitiva all'indipendenza de iure in cambio di una parziale autonomia sotto quel motto «un paese due sistemi» contro il quale Hong Kong si batte da mesi. Una proposta «impossibile per i 23 milioni di taiwanesi», ha spiegato Tsai, attribuendo la decisione di Honiara alle pressioni cinesi. Una decisione non facile ma attesa da tempo.
Per il Financial Times, l'offensiva di Pechino - che precede l'insediamento del governo Sogavare dello scorso aprile - si è intensificata solo nelle ultime settimane quando alla promessa di investimenti infrastrutturali si è aggiunta la proposta di un fondo per lo sviluppo in grado di competere con gli 8,5 milioni di dollari offerti da Taipei per il periodo 2019-2020.
Ma la rottura è avvenuta solo dopo l'endorsement di una task force bipartisan istituita da Sogavare appositamente per valutare i benefici di un trasferimento nell'orbita cinese.
Le critiche non sono giunte soltanto dal governo taiwanese. Anche a Honiara c'è chi ritiene i tempi prematuri, imputando la frettolosità della decisione all'approssimarsi delle celebrazioni per il 70esimo dalla fondazione della Repubblica popolare cinese (1 ottobre) nonché a una possibile riconferma di Tsai alle presidenziali del prossimo gennaio. Secondo la banca centrale, i rischi sottovalutati riguardano la dipendenza dai prestiti cinesi manifestata da altri paesi con situazioni economiche e politiche ugualmente instabili. Un punto su cui si sono espressi più volte gli Usa: la regione ricopre un ruolo chiave nella strategia dell'Indo-Pacifico inaugurata da Washington per contenere l’avanzata cinese.

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