EUROPA

Conte a Bruxelles: «Serve un accordo sugli sbarchi»

Il premier: «C’è disponibilità. E anche i rimpatri devono essere gestiti dall’Unione»
CARLO LANIAitalia/europa/bruxelles

Che in Europa per Giuseppe Conte l’aria sia cambiata rispetto a quando guidava il governo gialloverde non ci sono dubbi. E il fatto che il premier italiano abbia scelto proprio Bruxelles come meta del suo primo viaggio da capo del nuovo esecutivo, questa volta giallorosso, ha di certo contribuito alla creazione di un nuovo e più favorevole clima nei confronti dell’Italia.
Quello di ieri non è certo stato un viaggio di cortesia. Oltre alle questioni economiche, sul tavolo delle istituzioni europee Conte ha infatti messo anche u tema forse ancora più spinoso come quello dell’immigrazione, per il quale vorrebbe arrivare al più presto a una soluzione. C’è l’annosa vicenda della riforma del regolamento di Dublino, più volte auspicata anche dalla neo presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen, ma prima di tutto c’è da risolvere la questione che a Roma rischia di mandare in tilt il nuovo esecutivo e che riguarda gli sbarchi e la distribuzione in Europa dei migranti salvati nel Mediterraneo. Conte ne ha parlato con tutti i vertici Ue, sia in uscita che in entrata: Jean Claude Juncker e von der Leyen per la commissione Ue, Donald Tusk e Charles Michel per il Consiglio europeo. E da tutti avrebbe ricevuto rassicurazioni. «L’Italia può continuare a contare sulla solidarietà e sostegno della Commissione europea su tutta la linea», ha assicurato alla fine una portavoce. Resta da vedere se dalle parole si passerà ai fatti e soprattutto in quanto tempo.
Qualche progresso sembra comunque esserci stato. Da settimane infatti Francia e Germania stanno lavorando a un meccanismo di distribuzione su base volontaria dei migranti. Se ne parlò nel vertice dei ministri dell’Interno di Helsinki con successiva appendice parigina alla quale Matteo Salvini si rifiutò di partecipare. L’assenza del leghista non ha comunque impedito al progetto di andare avanti, al punto che a oggi avrebbe raccolto l’adesione di una decina di Paesi. A quanto si appreso Italia e Malta dovrebbero garantire un porto sicuro nel quale dirigere le navi che effettuano i salvataggi, con l’impegno da parte dei Paesi aderenti ad accoglierli nell’arco di un mese. «C’è una grande disponibilità a trovare subito un accordo. Dobbiamo uscire dalla gestione dei casi emergenziali affidata alla sola Italia» ha spiegato Conte, che non ha escluso la possibilità di sanzioni economiche contro i Paesi più ostili all’accoglienza (ipotesi di cui è più volte parlato anche in passato ma mai applicata) «Sicuramente l’Italia vuole che anche in questo meccanismo temporaneo ci sia la sostanziale condivisione e ripartizione. In prospettiva quando lo perfezioneremo, probabilmente avremo dei Paesi che saranno riluttanti. C’è consapevolezza però che chi non parteciperà ne risentirà molto sul piano finanziario, in modo consistente», ha avvertito il premier.
Del piano si parlerà al vertice dei ministri dell’Interno convocato per il 23 settembre a Malta, ma di sicuro Conte ne discuterà anche con Emmanuel Macron, atteso a Roma per mercoledì prossimo. E la visita del presidente francese è un altro segnale - dopo gli scontri dei mesi scorsi - della disponibilità a collaborare dimostrata anche da Parigi.
I rimpatri sono un altro degli argomenti affrontati a Bruxelles. L’Italia spinge per una gestione europea, ma vorrebbe anche superare la logica degli accordi bilaterali con i Paesi di origine dei migranti. «Gli accordi devono essere a livello europeo - ha concluso Conte - non possono essere affidati ai singoli Stati come l’Italia».
Restando in Europa, sono molte le critiche suscitate dalla scelta della presidente von der Leyen di affidare al nuovo commissario all’Immigrazione, il greco Margarits Schivas, anche il compito di «proteggere lo stile di vita europeo». «Con franchezza: anche no. Semplicemente no. Ma proprio NO», ha scritto ieri su Twitter l’ex premier Enrico Letta. Perplessità sono state espresse anche dalla portavoce del governo francese, mentre molti eurodeputati hanno accusato la presidente della commissione di aver ceduto gli slogan dell’estrema destra. La questione è stata sollevata anche dal presidente dell’europarlamento David Sassoli, mentre il laburista britannico Claude Moraes ha parlato di una scelta «profondamente insultante».

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