VISIONI

Quella scena rap che si nutre di cantautorato

«UNTITLED» DI GEMELLO
LUCA PAKAROVITALIA

Esiste una scena rap che si nutre di cantautorato e viceversa, una linea d’ombra dalle sonorità e dai testi che si prestano alle evoluzioni musicali degli ultimi anni, restando però con i piedi nel paese dalla lunga storia di chansonnier. Spesso sono artisti liberi dai ritmi maniacali della produzione ma che si prendono il tempo per curare ogni dettaglio. È il caso di Gemello, già membro di TruceKlan e di In The Panchine, da poco uscito con i 10 brani di UNtitled (Believe Music). Nel disco emerge la leggerezza del pop (e non solo) associata alla necessità di dire qualcosa di meno immediato e con poca autoreferenzialità. Le proprie emozioni entrano in gioco in brani come Blue Marlin dove si ascolta quasi più un reading che rappare, in uno scambio in cui si ha l’impressione di vedere un chiaro sfondo letterario: «Non ho riferimenti letterari veri e propri, anche se sono appassionato di certi racconti brevi della narrativa statunitense, del minimalismo, di Raymond Carver, di David Foster Wallace ecc. Poi, però, mi piace anche Cechov. Sono appassionato anche di cinema, della voce fuori campo. Mi piace raccontare, oltre che avere il flow e fare il rap».
L’ALBUM potrebbe essere anche un’ottima colonna sonora, vengono incrociati stili e generi diversi senza perdere la rotta, dopo qualche ascolto si percepisce un tappeto musicale dal sapore internazionale. Uno dei feat è di Franco 126, certe volte arriva la romanità eppure non sembra come in altri casi il baricentro identitario: «Non c’è distanza tra la mia città e i miei testi. Tutto quello che racconto è ambientato a Roma. Poi con il mio immaginario da bambino, i testi si scontrano anche con tematiche e luoghi diversi ma coi piedi, di base, sto sempre a Roma. Non sono neanche una persona che viaggia o ha viaggiato molto».
UNA DELLE ATTIVITÀ principali di Gemello è la pittura, due linguaggi differenti che possono in qualche modo confluire o influenzarsi: «Più che essere due linguaggi che si influenzano uno con l’altro, sono semplicemente due arti influenzate da me, dal mio modo di esprimermi, di sfogarmi, di ragionarci sopra. Entrambe queste arti diventano molto mie, quindi un po’ caotiche per esempio… Hanno la mia poetica e per questo si assomigliano».

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