EUROPA

Prima fumata nera per Sánchez, ritenterà domani

IN SPAGNA ACCORDO DI GOVERNO FATICOSO TRA PSOE E PODEMOS
LUCA TANCREDI BARONEspagna

Il cammino per arrivare al Palazzo della Moncloa, sede del governo spagnolo, è tutto in salita per Pedro Sánchez. Se ancora non l’aveva capito, ieri gli è arrivata come uno schiaffo in piena faccia tutta la forza dei numeri parlamentari. La sua candidatura ha ricevuto una sonora bocciatura: 170 No, 52 astenuti e solo 124 sì. Oltre ai 123 voti socialisti solo il rappresentante del Partito regionalista cantabro si è unito al Psoe. Con questi numeri, Sánchez non passerebbe neppure domani, quando saranno necessari solo più Sì che No (mentre ieri ci voleva la maggioranza assoluta, 176 voti).
SE I CONTI NON VI TORNANO c’è un motivo: 4 deputati non hanno votato, perché sono in carcere accusati di ribellione. Si tratta di tre deputati di Junts per Catalunya, e di Oriol Junqueras, il leader di Esquerra republicana. Tutti e quattro, quando venne costituito il nuovo Parlamento, furono sospesi dalle loro funzioni in attesa della sentenza (dopo l’estate) e non è stata data loro neppure la possibilità di votare telematicamente.
Cosa che invece ha potuto fare Irene Montero, numero 2 di Unidas Podemos, in fase avanzata di gravidanza. La coppia Montero-Iglesias è in attesa del terzo figlio (i primi due, gemelli, sono nati molto prematuri l’estate scorsa). Il voto di Montero, emesso in mattinata, ore prima della fine del dibattito, è interessante: è stato un No. Il resto del partito invece, all’ultimo momento, ha optato per l’astensione, come «ulteriore gesto» nei confronti dei socialisti, nella speranza di poter votare un Sì. Anche altri potrebbero cambiare posizione domani: i nazionalisti baschi del Pnv hanno promesso che passerebbero al Sì (stavolta sono fra gli astenuti), ed Esquerra republicana passerebbe dal No all’astensione: sempre che Psoe e Podemos trovino un accordo, hanno promesso. Hanno meno di 48 ore per farlo e nonostante il tono ieri sia stato meno aspro che lunedì, il cammino da percorrere è ancora lungo.
IERI PERÒ SI È SAPUTO che finalmente i socialisti hanno accettato di cedere una vicepresidenza (con tutta probabilità sarebbe proprio Montero la massima rappresentante dei viola nel governo), ma da Unidas Podemos si lamentano che né lei, né gli altri ministri e ministre viola avrebbero abbastanza competenze per portare a casa le politiche che stanno loro a cuore (affitti, pensioni, salari, lavoro, fiscalità, educazione, diritti sociali…), e che non sono venuti per fare da «vaso cinese» nel governo, come ha efficacemente riassunto la portavoce di Unidas Podemos, Noelia Vera.
E IL NODO È TUTTO QUI: anche la vicepremier socialista Carmen Calvo ha ammesso che ora tocca ai socialisti fare un passo, ma è chiaro che senza prendere atto che i viola hanno bisogno di più di un pugno di mosche per poter accettare di dare l’agognato Sì, per Sánchez sarà difficile chiudere la partita. È ben vero che in teoria dopo giovedì ci sarebbero altri tre mesi di tempo per trovare un accordo prima della dissoluzione automatica delle Camere, ma sembra proprio che se le palline non entrano in buca ora, difficilmente lo faranno a settembre, tanto più che in quelle settimane si aspetta la sentenza contro i leader indipendentisti. Che tutti sanno essere una bomba atomica per la politica, a Madrid come a Barcellona. E lo sanno soprattutto dentro Esquerra republicana, il cui No alla finanziaria accordata da Sánchez con Iglesias aveva fatto scattare le elezioni anticipate (in cui Esquerra è arrivata per la prima volta prima in Catalogna), ma che ieri facevano sfoggio di tutto il pragmatismo possibile. L’istrionico portavoce Gabriel Rufián lamentava l’assenza dal discorso del premier in pectore di qualsiasi accenno al principale problema politico oggi nel Paese, quello catalano, ma implorava socialisti e viola di trovare un accordo.
E INFATTI UN’ALTRA SPINA nel fianco dei socialisti è che Unidas Podemos è sempre stato l’unico partito su base nazionale a dissentire dal trito discorso nazionalista spagnolo contrario a qualsiasi concessione sulla questione catalana, a opporsi all’intervento contro il governo catalano (contro cui addirittura fecero ricorso), e ad aprirsi a un eventuale referendum. Sánchez sembrerebbe prevedere di dover arrivare a un nuovo scontro con l’esecutivo catalano e che Unidas Podemos possa rompere l’unità d’azione. Sia come sia, tra poche ore sapremo se l’arte di governare in coalizione approda anche in Spagna.

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