INTERNAZIONALE

Il negoziato tra governo e opposizione procede, malgrado l’incognita Guaidó

VENEZUELA
CLAUDIA FANTIVENEZUELA/isole barbados

Tra mille incognite e altrettanti interrogativi, il governo Maduro e l’opposizione guidata da Juan Guaidó hanno deciso che «il negoziato continuerà», allo scopo di «giungere a una soluzione concordata nel quadro delle possibilità offerte dalla Costituzione».
Il terzo round negoziale, svoltosi alle Barbados, si è infatti concluso il 10 luglio con la costituzione di un tavolo permanente di dialogo, che, ha annunciato il ministero degli Esteri della Norvegia, «lavorerà in modo continuo e veloce». E se non è ancora nota la data dei prossimi colloqui, è previsto però «che le parti realizzino consultazioni per procedere sulla via del negoziato».
Massimo riserbo sui contenuti delle discussioni: l’unica cosa certa è che i temi in agenda sono sei e che, al di là del «clima costruttivo», le posizioni restano distanti. «Non sarà semplice, è un cammino che richiede molto lavoro», ha affermato il governatore dello stato di Miranda e membro della delegazione governativa Héctor Rodríguez. Ma, ha aggiunto, «ho la sensazione che si possa giungere a un accordo di governabilità in cui le parti si riconoscano mutuamente».
Nessuna sensazione ha espresso invece, per la controparte, il secondo vicepresidente dell’Assemblea nazionale Stalin Gonzáles: «I venezuelani hanno bisogno di risultati. La nostra delegazione promuoverà consultazioni per avanzare nei colloqui e porre fine alla sofferenza del popolo».
Ma è proprio l’atteggiamento dell’opposizione a suscitare dubbi. Essendo Guaidó telediretto da Washington, è impensabile che si stia muovendo in autonomia, tanto più dovendo far fronte alle aspre critiche di consistenti parti dell’opposizione e persino all’accesa contrarietà del segretario generale dell’Osa Luis Almagro, convinto che il dialogo rafforzi Maduro.
Se la domanda che sorge spontanea è a che gioco stiano giocando gli Stati uniti, la risposta non può ovviamente prescindere da quello che resta l’obiettivo irrinunciabile dell’amministrazione Trump rispetto al Venezuela, cioè rovesciare Maduro. Che ciò possa avvenire per via negoziale, magari attraverso la convocazione di nuove elezioni presidenziali, ancor più senza la partecipazione di Maduro, appare però inverosimile: se l’idea che il governo accetti di tornare alle urne è già di per sé abbastanza remota - «impossibile» l’ha addirittura definita Diosdado Cabello - è da escludere un’eventuale rinuncia di Maduro a ricandidarsi. E per gli Stati uniti il rischio che il presidente bolivariano possa vincere ancora - pur con un altro Consiglio nazionale elettorale e una massiccia presenza di osservatori internazionali - sarebbe forse troppo alto.
Sullo sfondo rimane così il timore di un nuovo fallimento, dopo quello del negoziato condotto a inizio 2018 nella Repubblica Dominicana, quando, tra lo sconcerto dei mediatori, la destra mandò all’aria all’ultimo minuto l’accordo, complice una tempestiva telefonata giunta dalla Colombia in contemporanea con la visita nel paese dell’allora segretario di Stato Usa Rex Tillerson.

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