POLITICA

I paletti della ministra Trenta: «Sulle navi della Marina decido io»

Tregua tra la titolare della Difesa e Matteo Salvini dopo il vertice sugli sbarchi. Ma sale la tensione intorno al decreto sicurezza bis
CARLO LANIAITALIA/ROMA

Se davvero è una tregua, allora quella raggiunta ieri sera tra Matteo Salvini ed Elisabetta Trenta è una tregua armata. Con la titolare della Difesa che nello scontro sui migranti che da giorni la contrappone al ministro dell’Interno riesce a segnare un punto a suo favore: «Matteo Salvini non mi ha chiesto di bloccare i porti», dice infatti uscendo a sera da palazzo Chigi dove si è appena concluso un vertice straordinario sugli sbarchi. Per poi sottolineare quella che in situazioni normali dovrebbe essere una cosa scontata ma che si trasforma in una notizia se nell’esecutivo c’è qualcuno che tende a sconfinare: «Bisogna comprendere bene che ogni ministro ha una sua area di competenza. Nelle aree di concorso ci si coordina ma le navi militari prendono ordini dal ministro di competenza». Vale a dire da lei.
Poche parole, ma più che sufficienti per smentire quanto Salvini aveva dichiarato solo quarantotto ore prima quando, al termine di un comitato nazionale per l’ordine e la sicurezza, aveva annunciato l’impiego della navi della Marina militare per difendere i porti italiani in funzione di contrasto delle navi delle ong. Una possibilità che, seppure ufficiosamente come avviene in questi casi, fonti del ministero della Difesa si erano affrettate a smentire ricordando come l’operato dei militari si basi anche e soprattutto sul rispetto di quanto previsto dalle normative internazionali. «La Marina svolgerà il ruolo che ha sempre svolto», ha ribadito ieri in maniera più esplicita Elisabetta Trenta.
Da parte sua il ministro dell’Interno almeno per ora fa buon viso a cattivo gioco. Il vertice di ieri era stato voluto dal premier Giuseppe Conte proprio per coordinare l’azione dei vari ministeri e mettere fine alle scaramucce tra il leghista e l’unico ministro che - in quota 5 stelle - ancora prova a resistergli. «A me basta che le navi della Marina difendano i confini» spiega così a sua volta Salvini. «Aerei, Esercito, Marina militare, Finanza. Se ognuno fa il suo in Italia entra chi ha il permesso di entrare. Abbiamo messo sul tavolo delle iniziative, come i controlli della Marina militare preventivi a bordo delle navi di presunto soccorso per verificare se abbiamo tutti i requisiti. Poi nel decreto sicurezza ci sono multe più alte, sequestro diretto, più uomini e più mezzi».
Proprio il decreto sicurezza rischia di essere il nuovo terreno di scontro tra Lega e 5 Stelle, anche se questi ultimi ormai hanno sposato senza discutere la linea anti ong imposta dal titolare del Viminale. Dei 547 emendamenti al decreto, ieri ne sono sopravvissuti 262, quasi la metà, e tra quelli respinti dai presidenti grillini delle commissioni Giustizia e Affari costituzionali della Camera ci sono anche quelli presentati dal Carroccio con misure a favore dei Vigili del fuoco e della polizia. I leghisti hanno già annunciato di volerli ripresentare, ma intanto hanno dovuto incassare la sconfitta. Giudicato inammissibile anche un altro emendamento a firma leghista con cui si introduceva una modifica dell’articolo 235 del codice penale per consentire al giudice di espellere un immigrato che abbia subito una condanna a un anno di reclusione (invece degli attuali due).
Dopo mesi di scontri con Bruxelles, un aiuto all’Italia nella gestione dei migranti potrebbe invece arrivare dal consiglio dei ministri degli Esteri dell’Unione europea di lunedì prossimo. Gli ambasciatori che lavorano alla preparazione dell’incontro hanno infatti accettato la richiesta presentata da Italia e Malta di discutere l’introduzione di un meccanismo comune per la gestione dei flussi migratori.

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