Si parla tanto del disagio delle periferie, spesso considerato una delle cause del crescente consenso della Lega di Salvini, e torna in auge il tema della droga con la nuova crociata proibizionista contro la cannabis light, cui fa eco la conferma della linea proibizionista da parte del segretario del Partito democratico. Zingaretti sulla droga ripropone il tentativo di Minniti sull’immigrazione. Necessario è invece comprendere che per uscire dal cono di rassegnazione mista a nuove illusioni populiste, è fondamentale svicolarsi dalle consuete ricette fallimentari provate in tutti questi anni.
Prendiamo l'esempio Tor Bella Monaca a Roma, dove prolifera principalmente un’attività imprenditoriale: quella criminale. Nel quartiere ci sono 13 piazze di spaccio, che servono circa 2 mila clienti al giorno. Negli ultimi mesi, a seguito degli arresti dei spacciatori autoctoni, vengono utilizzati i migranti irregolari, economizzando così anche i costi di mantenimento del welfare famigliare. Il tutto gestito da italiani che amministrano un fatturato di circa 100 milioni all'anno, di cui il 20% rimane nel quartiere: un modello Scampia che comprende il controllo territoriale, l’usura e il racket delle case popolari.
Un ulteriore esempio di come la guerra proibizionista alla droga abbia fallito: è necessario dismetterla, come stanno facendo sempre più paesi civili nel mondo, riproponendo la legalizzazione delle droghe come unica via efficace per sottrarre profitti alla grande criminalità. Esistono delle proposte in Parlamento proprio su questo tema e Radicali italiani, con la campagna WeeDo!, sta cercando di calendarizzarne almeno il dibattito.
Ma se il successo del sovranismo è frutto anche della necessità di difendere i territori lasciati indietro dalla globalizzazione, dobbiamo anche ragionare sulla capacità di rigenerare le cosiddette periferie rendendole capaci di attrarre e trattenere capitale umano. È arrivato il momento di accompagnare la battaglia per la legalizzazione a proposte che siano in grado di sostituire il sistema di “occupazione e welfare” che la rete dello spaccio garantisce nei quartieri periferici, con politiche di emancipazione economica. Roberto Saviano diversi anni fa, in chiave antiproibizionista, ne avanzò una, che sarebbe necessario riprendere: la creazione in alcune periferie di Zone Franche Urbane, con zero tasse per le attività imprenditoriali e commerciali.
Questo zone franche esistono già, come in Francia da dove arrivano risultati positivi nella zona portuale di Marsiglia e in alcuni arrondissement parigini, dove è aumentato il numero delle imprese e degli occupati. La finalità che di questo modello, riproposto anche in altre periferie d'Europa, è una riqualificazione di alcune zone marginali mediante l’abbattimento delle tasse e burocrazia zero per le nuove imprese che generano occupazione e offrono soprattutto servizi di base disponibili ai controlli e alle verifiche dell’amministrazione pubblica. La presenza dello studio dentistico, del nido d’infanzia, della parrucchiera o della parafarmacia, contribuisce senza dubbio a elevare la qualità della vita di una comunità, per un'emancipazione da una condizione di sudditanza a decisori esterni, statali o criminali che siano.
Certo, non può bastare se non accompagnato da interventi infrastrutturali, sociali e di decoro. Ma rappresenterebbe un primo atto concreto in una visione antimoralista, antisicuritaria e pragmatica che coniuga l’urgenza di una politica antiproibizionista a una sensibilità sociale ineludibile in un mondo sempre più ingiusto, che non si tiene più insieme.
*Segretario radicali Roma; giornalista di Radio radicale