COMMENTO

Una crisi frutto di tre anni di immobilismo

Rifiuti/Roma
ESTELLA MARINO*ITALIA/ROMA

Affronto la questione con la consapevole responsabilità di chi ha avuto, nel recente passato, un ruolo di governo nel settore dei rifiuti. Assistiamo e siamo travolti da una crisi economica, sociale, culturale, politica e amministrativa, che lascio sullo sfondo.
Di questa crisi generale, quella dei rifiuti è stata anticipatrice o meglio disvelatrice ed in un certo senso paradigmatica del progressivo avvitarsi di tante questioni romane, a causa di un elemento che incide pesantemente su tanti settori della Capitale: la presenza di piccole e grandi rendite di posizione che impedisce il cambiamento ed un miglioramento a vantaggio dei molti garantendo lo status quo a vantaggio dei pochi. Cinquant’anni fa era soprattutto la rendita fondiaria, oggi ce ne sono tante e varie, una bella diversificazione delle rendite che produce ugualmente danni.
I rifiuti non sono solo “la municipalizzata che non passa ed il sacchetto che rimane fuori dal cassonetto”, il servizio di raccolta è un pezzetto (ed il meno remunerativo) di tutte le attività che fanno parte del ciclo (raccolta, trasporto, trattamento, smaltimento), e cioè di un comparto industriale con un giro di affari notevole ed uno dei più infiltrati dalla criminalità organizzata.
Ora, Roma fino al 2013 dove era rimasta? Ad una grande buca dove si buttava tutto, una discarica enorme, esaurita da anni e costantemente autorizzata in proroga.
E la buca di chi era? Di un unico soggetto, privato, monopolista.
Senza voler demonizzare nessuno è evidente che questa presenza, ed una politica debole che poco ha governato in questo settore, ha impedito una evoluzione del sistema verso modelli più virtuosi. Rispetto ad altre città Roma era indietro di 20 anni, e non solo nel modello di raccolta differenziata ma per la mancanza di impianti.
Il rifiuto “da scarto a risorsa” non ci diventa con la bacchetta magica, servono gli impianti (alcuni tipologie e non altre: quelli di compostaggio, i selezionatori del multimateriale per separare plastica da metallo, carta da cartone, ecc..), impianti che nessuno ha avuto interesse di realizzare in questi 20 anni.
Date, come si direbbe, le condizioni al contorno in cui ci siamo trovati - il forte ritardo del settore dei rifiuti dal quale venivamo, la mancanza di un vero mercato vista la presenza del monopolio ed i rischi di un settore fortemente infiltrato - eravamo convinti della necessità di mantenere Ama pubblica e di farla diventare un player industriale almeno regionale, facendole realizzare una buona parte degli impianti.
Avevamo in testa questo progetto e lo abbiamo scritto nei piani industriali di Ama e nella delibera di affidamento del servizio di igiene urbana (per 15 anni), e poi lo abbiamo votato, producendo degli atti che a differenza dei post su facebook hanno un valore cogente quando si amministra.
Avevamo in testa questo progetto quando abbiamo chiuso Malagrotta (attrezzando comunque una soluzione ponte per due anni) e dato il via libera - con qualche modifica rispetto a come lo abbiamo trovato - al nuovo modello di raccolta differenziata, con l’obiettivo di aumentare la differenziata, non solo per raggiungere le percentuali imposte dalla legge ma anche per ridurre il bisogno di impianti per l’indifferenziato (discariche ed inceneritori).
Ci vogliono anni per realizzare gli impianti, ben più dei due anni e mezzo di tempo che abbiamo avuto, il percorso si è interrotto e tutto si è fermato. Poi le promesse della nuova giunta di una rivoluzione strabiliante sui rifiuti; sono seguiti invece tre anni di nulla (niente impianti, percentuali di raccolta differenziata fermi al palo) che hanno significato il prolungamento di una fase di transizione verso un modello migliore di cui però sono state buttate le basi iniziate da altri e non ne sono state costruite nuove.
*Assessore all’ambiente e ai rifiuti della Giunta Marino

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