COMMENTO

L’ecosocialismo e il femminismo che mancano

Sinistra
FULVIA BANDOLIITALIA

Sui rapporti tra Ambientalismo e Sinistra andrei a quando quel rapporto c’era, pur tra molte contraddizioni. E infatti il partito Verde in Italia non è mai decollato per due ragioni. La prima è l’eccessiva chiusura e autosufficienza dopo l’esperienza positiva delle Liste Verdi locali.
Ma soprattutto per la scelta della Sinistra (Pci, Pds, Ds) di confrontarsi con la questione ambientale. L’ecologia non è mai stata territorio solo dei Verdi o delle associazioni ambientaliste. Dalla fine degli anni ‘70 al 2004 tanti ecologisti come Laura Conti, Giorgio Nebbia, Antonio Cederna, Carla Ravaioli, Massimo Serafini, Enzo Tiezzi e molti altri dopo di loro, vengono eletti in Parlamento dal Pci/Pds o chiamati nelle giunte locali. 
AMBIENTALISTI comunisti e sindaci di sinistra organizzano i primi scioperi ecologisti per la salvezza dell’Adriatico negli anni ‘80; dopo lo scoppio dell’Icmesa è Laura Conti che si batte per la Direttiva Seveso sulla diossina; il Pci nel Congresso di Firenze si spacca a metà sul nucleare, poco prima di Chernobyl, ma al Referendum dell’anno dopo è decisivo per vincerlo; il Pds approva, prima volta nella sua storia, un Piano su Riassetto Idrogeologico e messa in sicurezza del territorio dopo la frana di Sarno nel ‘98; la Cgil nazionale su proposta di Legambiente e degli ecologisti Ds mette a punto un Piano del lavoro su riconversione ecologica dell’edilizia, trasporto merci su ferro, espansione di imprese volte a produrre energie rinnovabili, bonifiche dei siti inquinati; la Fiom affronta il tema della riconversione della Fiat e inserisce nei suoi obiettivi la richiesta di investimenti in auto elettriche; il governo Prodi dopo pressioni degli ecologisti introduce la misura, tuttora vigente, che consente di dedurre dalle tasse il 40% dei lavori di manutenzione edilizia e che rilancia l’occupazione in un settore oramai tramortito. E ancora le vertenze locali su agricoltura di qualità, ciclo dei rifiuti, mobilità sostenibile, riconversione di alcune industrie chimiche come Acna e Farmoplant. 
LA SINISTRA ITALIANA per qualche decennio prova ad incrociare l’Ecologia e in diversi frangenti ci riesce. 
Lo stesso direi per il Femminismo con il quale le donne comuniste, su proposta di alcune femministe iscritte al Pci, aprono con la Carta delle Donne un confronto in tutta Italia.
Poi, a fine anni ‘90, anche quel che restava della Sinistra dopo l’89 si incrina: politicismi, vocazione maggioritaria, "nuovi contenitori", partito leggero che sbriciola legami sociali e il tutto si conclude con la nascita del Pd. Unendo malamente ciò che andava e va tenuto distinto: un Partito Liberaldemocratico e un Partito di Sinistra socialista, femminista, ecologista. Queste le culture politiche che potevano e possono far vivere la Sinistra all’altezza delle sfide future. Anche chi non aderì al Pd porta la pesante responsabilità di non aver dato vita, in 12 anni, a un soggetto politico con qualche senso. Solo ad un numero imprecisato di liste elettorali, disfatte il giorno dopo le elezioni. E inutili posizionamenti (andate e ritorni) con gli occhi rivolti solo a quel che faceva il Pd. 
E veniamo al clima. Il primo allarme fu lanciato dall’Ipcc nel 1988 e confermato nella Conferenza di Kyoto del ‘97. In quel trattato, nelle sue revisioni e nei mancati obiettivi, c’è tutta la storia delle emissioni insostenibili che minano la vita delle persone e del vivente non umano da mezzo secolo. 
Che molti oggi, sotto la spinta di centinaia di migliaia di ragazzi, si siano finalmente convinti che ricominciare dal clima è una necessità è una buona notizia.
RAGAZZI CHE FANNO tutta la loro parte, temono per il loro futuro e manifestano, lanciano allarmi e ci ritengono responsabili di non aver mantenuto gli impegni presi.
Ma per quanto bravi non potranno cambiare da soli le decisioni di organismi sovranazionali. Come si diceva una volta, solo la politica e sindacati europei e mondiali e governi diversi, possono invertire la tendenza. E allora la domanda secondo me è questa: c’è un partito in Italia (e uno schieramento politico europeo) disposto a cambiare pelle, profilo e dirigenti e a mettersi in discussione fino a diventare una forza ecosocialista e femminista? Ci sono sindacati capaci di rispondere alla loro crisi, da anni cosi evidente, assumendo come centrali i temi della qualità sociale e ambientale dello sviluppo? Perché crescano giustizia sociale, servizi materiali e immateriali alla persona, alla città e al territorio, energie rinnovabili, merci su ferro. E decrescano la concentrazione di ricchezza, il razzismo e le nuove schiavitù e l’uso dei combustibili fossili, l’impermeabilizzazione del suolo. Queste sarebbero risposte ai ragazzi e alle ragazze, e anche alle destre sovraniste e populiste. In mancanza di questo possiamo solo continuare a manifestare al loro fianco.

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