EUROPA

La grana dei «prigionieri politici» irrompe nel nuovo parlamento

OGGI LA PRIMA SEDUTA
LUCA TANCREDI BARONEspagna

Si riunisce oggi per la prima volta il parlamento uscito dalle elezioni del mese scorso. Ma non è una formalità come tante altre. La nuova stagione politica si apre con delle grandi novità e molte incognite. La prima grande novità è che la nuova presidenza delle due camere dovrà affrontare un enorme scoglio politico e giuridico.
CI SONO BEN 4 DEPUTATI eletti e un senatore che sono in carcere preventivo: i cinque sono tutti indipendentisti (di Esquerra Republicana e di Junts per Catalunya, il partito di Puigdemont) e sono attualmente sotto processo accusati di reati molto gravi come la ribellione. Un processo che continua ormai da molte settimane e che non finirà prima dell’autunno, e che genara molta tensione soprattutto in Catalogna.
Il giudice Marchena ha concesso ai politici di accreditarsi (ieri) e di partecipare alla prima seduta del parlamento, oggi, consentendo loro di votare il presidente e gli altri 8 membri della presidenza. Ma ha esplicitamente delegato alla nuova presidenza delle due camere la decisione sul loro futuro. Vale la pena ricordare che tutti e cinque vennero sospesi dalle loro funzioni come deputati del parlamento catalano (di cui erano membri a pieno diritto) dal giudice per le indagini preliminari in virtù di una controversa legge pensata per i reati di terrorismo. Ma alla Camera e al Senato il procedimento è diverso, e va chiesta un’autorizzazione a procedere prima di sospenderli (come prevede il Regolamento nel caso di carcere). Il tribunale supremo ritiene che l’autorizzazione non è necessaria perché l’incarceramento era già in corso, ma sarà su questo punto che ci sarà battaglia, e la decisione dei presidenti delle nuove Camere sarà certamente letta in chiave elettorale (per domenica) ma soprattutto in funzione dei futuri accordi (l’astensione degli indipendentisti sarebbe sufficiente a Sánchez per superare l’investitura).
I NUOVI PRESIDENTI saranno entrambi del partito socialista catalano: la deputata Meritxell Batet (attuale ministra) e il senatore filosofo indipendente Manuel Cruz, entrambi federalisti convinti. Entrambi, da deputati, furono tra i pochi (con lo stesso Sánchez) a rompere la disciplina di voto imposta dal partito e votarono no all’investitura di Rajoy invece di astenersi; Batet, in più, anni fa aveva sfidato il proprio partito anche per votare a favore del diritto di autodeterminazione, posizione oggi scomparsa dal programma dei socialisti catalani.
L’ultimo presidente catalano del senato (molto diverso da quello di oggi) fu eletto nel 1872, poco prima dell’istaurazione della prima repubblica spagnola (dopo l’abdicazione di Amedeo di Savoia). Un catalano federalista alla presidenza della camera territoriale, come dovrebbe essere il senato spagnolo, sembra proprio un segnale promettente. Ma il problema (ecco la seconda anomalia) è che Cruz è solo la seconda scelta di Sánchez: Miquel Iceta, segretario dei socialisti catalani, doveva essere eletto senatore dal parlamento catalano (oltre ai 204 senatori eletti direttamente, ogni comunità ne elegge un numero in proporzione alla popolazione). La prassi è che riflettano la proporzione che ciascun partito ha ottenuto in quella regione, e ciascun partito sceglie autonomamente i propri. Per la prima volta però gli indipendentisti catalani giovedì scorso hanno fatto saltare il tavolo e hanno bloccato la nomina di Iceta, un nome odiato in egual modo sia dagli indipendentisti, sia da Pp e Ciudadanos, impedendogli di essere eletto presidente. Uno sgambetto inaspettato, spia di relazioni ancora molto tese fra indipendentisti e socialisti.
PER ORA L’UNICO SEGNALE chiaro è quello dell’elezione della presidenza del Congresso, che avrà maggioranza di sinistra (nel precedente Congresso la maggioranza Pp-Ciudadanos aveva bloccato tutte le iniziative legislative di socialisti e Podemos). Ai socialisti toccano 3 posti (con la presidenza), 2 a Podemos (una sarà la vicepresidente, Gloria Elizo, e uno andrà a Gerardo Pisarello, vice di Colau: anche questo un segnale), e due ciascuno a Pp e Ciudadanos. Il voto sarà segreto, ma a meno di patti sotto banco nelle file della destra, a Vox non dovrebbe toccare nessun posto. Al senato, dove i socialisti hanno maggioranza assoluta, è più semplice essere generosi: i socialisti cedono due dei cinque posti a cui avevano diritto, uno al Pp e uno ai nazionalisti baschi del Pnv «per evitare situazioni di blocco come nella scorsa legislatura» a maggioranza popolare. Per cui ci saranno 3 posti per i socialisti (inclusa la presidenza), tre per il Pp e uno per il Pnv.

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