INTERNAZIONALE

In piazza per la Nakba mai finita. A Gaza Eurovision «alternativo»

IERI MANIFESTAZIONI NEI TERRITORI OCCUPATI E IN ISRAELE
MICHELE GIORGIOisraele/territori

Ieri sono scesi in strada a migliaia. In Cisgiordania, Gaza, nei centri abitati palestinesi in Israele, per commemorare il 71esimo anniversario della Nakba, la catastrofe che nel 1948 vide oltre 700mila palestinesi fuggire o cacciati via dalle loro case dopo la proclamazione dello Stato di Israele.
NON SONO MANIFESTAZIONI rituali. Piuttosto la rappresentazione concreta di una questione mai risolta, di diritti sempre negati, di un popolo che 71 anni dopo resta in buona parte sotto occupazione israeliana o costretto a vivere lontano dalla sua terra d’origine, in campi per rifugiati. La Nakba non è mai finita e c’è un luogo che più di altri lo conferma, la Striscia di Gaza, dove in meno di 400 kmq vivono come sardine in scatola due milioni e 100mila palestinesi che da 12 anni fanno i conti con il blocco israeliano. Non sorprende che Gaza sia stata ieri la protagonista delle commemorazioni della Nakba. Almeno 10mila palestinesi hanno raggiunto le linee di demarcazione con Israele per manifestare nei luoghi dove ogni venerdì, dal 30 marzo 2018, proseguono incessanti le proteste contro il blocco israeliano. Manifestazioni che il governo Netanyahu denuncia come un attacco alla sicurezza del Paese citando i lanci di palloni e aquiloni incendiari da parte dei palestinesi che provocano roghi nelle campagne israeliane a ridotto di Gaza. Ieri decine di dimostranti sono stati feriti dal fuoco dei soldati israeliani che, nell’ultimo anno, ha ucciso circa 250 palestinesi.
Pochi giorni fa esasperazione e rabbia hanno innescato l’ennesima escalation militare: raid aerei israeliani, lanci di razzi palestinesi, distruzioni, morti e feriti. Ma per Gaza non è cambiato nulla, era e resta una prigione a cielo aperto. Il tira e molla delle restrizioni israeliane è sfiancante.
QUALCHE GIORNO FA l’agenzia delle Nazioni unite, Unrwa, ha ricordato che la metà dei palestinesi di Gaza dipende da aiuti alimentari e ha lanciato un appello per un ulteriore stanziamento di 60 milioni di dollari entro giugno per aiutare più di un milione di rifugiati. «Dai meno di 80mila che ricevevano assistenza sociale nel 2000, oggi ci sono più di un milione di persone che hanno bisogno di aiuti alimentari senza i quali non riuscirebbero ad arrivare a fine giornata» scrive l’agenzia.
Circa 620mila abitanti di Gaza sono in stato di povertà assoluta e 390mila appena sotto la soglia di povertà. Matthias Schmale, direttore delle operazioni dell’Unrwa, ribadisce che l'assedio di Israele ha peggiorato sensibilmente le condizioni della popolazione.
Sarebbe un errore considerarla un’emergenza umanitaria come tante altre. È una emergenza politica causata dall’occupazione e dal blocco. Il mondo finge di non vedere e liquida il problema come una conseguenza dello scontro tra il movimento islamico Hamas, al potere a Gaza, e Israele. Intanto a meno di cento chilometri da Gaza, nella città costiera di Tel Aviv, sono giorni di svago grazie allo svolgimento dell'Eurovision Song Contest, la gara musicale che quest’anno si tiene in Israele dal 14 al 18 maggio. Un evento che non tutti gli israeliani guardano con favore. Gruppi e ong progressiste si sono uniti ai palestinesi nel chiedere il boicottaggio dell’Eurovision che, spiegano, offre una vetrina a Israele e oscura la realtà.
E GLI ATTIVISTI PALESTINESI hanno organizzato a Gaza iniziative musicali parallele all’Eurovision – Gaza Message, Globalvision e Gaza Vision – che si svolgono di sera tra le rovine di un palazzo distrutto dai bombardamenti israeliani delle settimane scorse. Sabato, nella serata conclusiva dell’Eurovision a Tel Aviv quando si esibirà Madonna, a Gaza, tra detriti e rovine di case colpite dai raid aerei, suoneranno e canteranno band e artisti locali che non hanno possibilità di esibirsi sui palcoscenici internazionali. Da lontano parteciperà un genio della musica, Brian Eno.

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