VISIONI

Una soap opera su Israele e Palestina

«TUTTI PAZZI A TEL AVIV»
GIOVANNA BRANCAfrancia/israele

«La grande illusione che non cambia niente, come gli accordi di Oslo»: così il produttore di una soap opera girata a Ramallah e ambientata nel 1967 della Guerra dei sei giorni, molto seguita anche in Israele - definisce l’ipotetico finale «conciliatorio» in cui l’ufficiale israeliano sposa la spia palestinese. Il titolo della fiction è Tel Aviv on Fire, una specie di Gli occhi del cuore in tempo di guerra che dà anche il titolo originale al film di Sameh Zoabi, che in Italia esce come Tutti pazzi a Tel Aviv.
Il protagonista Salam, palestinese che vive a Gerusalemme, viene assunto dallo zio produttore come consulente sui dialoghi in ebraico, ma per una serie di fortuite coincidenze si ritrova presto fra gli sceneggiatori della soap, incaricato delle scene che riguardano uno dei protagonisti: il generale israeliano Yehud. Solo che l’autore «nell’ombra» è il vero ufficiale che tutti i giorni Salam incontra al check point per entrare e uscire da Ramallah, che vuole impressionare la moglie appassionata di Tel Aviv on Fire dando un «nuovo corso» alla fiction e imponendo a Salam il sogno naif di riconciliazione rappresentato dal gran finale con il matrimonio fra l’israeliano e la palestinese.
ZOABI vira in commedia il conflitto con il suo film che replica in qualche modo la soap opera nel sogno a occhi aperti di ricomporre i traumi nell’immaginario, negli amori, le amicizie e colpi di scena della narrazione. Un rispecchiamento deformato fra soap opera, film e realtà che si moltiplica in mille idee diverse proprio quando si tratta di trovare il finale, intrappolato in ciò che esso rappresenta per ogni personaggio. Dai riferimenti cinefili del produttore che cita Il falcone maltese di John Huston al desiderio di una serialità infinita «all’americana» dello sceneggiatore che tiene allo stipendio - ma naturalmente è su come debba concludersi il conflitto, che adombra quello fra Israele e Palestina, che le opinioni divergono. Con la tentazione di credere ancora a una «grande illusione».

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