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Caro Gervasoni, i comunisti ci hanno liberato dal fascismo

Costituzione
ANTONIO GIBELLIITALIA

Il professor Gervasoni, storico e autorevole opinionista del Messaggero, è un autentico liberale. Anzi, è fin troppo liberale, e troppo poco storico. Come liberale mette sullo stesso piano fascismo e comunismo, CasaPound (che esiste e imperversa esibendo simboli fascisti e praticando violenze squadristiche) e casa Lenin (che esiste solo nelle sue fantasie simmetriche). Come storico dovrebbe ricordare che la Costituzione italiana è frutto della Resistenza antifascista e della convergenza tra forze liberali, cattoliche e socialcomuniste, ha avuto come primo firmatario il comunista Umberto Terracini, presidente dell’Assemblea Costituente, e comprende, tra le altre disposizioni transitorie e finali (art. 139), la seguente: «È vietata la riorganizzazione, sotto qualsiasi forma, del disciolto partito fascista».
Come intendere il carattere di questa transitorietà della norma? Si può essa calcolare in mesi, in anni o in decenni ? O si potrebbe pensare che il divieto duri fin che dura l’attitudine di alcune organizzazioni, di alcuni forze politiche a riproporre, in modo palese o mascherato, non solo i codici linguistici e valoriali del "disciolto partito fascista", ma i suoi simboli come il saluto romano, le sue ritualità come l’esaltazione del duce del fascismo Benito Mussolini, le sue pratiche come la violenza squadristica? È il caso di CasaPound e di altre organizzazioni similari, come quella di Ordine Nuovo, a suo tempo per questo disciolta. Dare vita o tenere in vita organizzazioni del genere non rende dunque attuale, a qualunque distanza di tempo, quel divieto?
A sentire il professor Gervasoni, la Costituzione intendeva vietare la ricostituzione proprio di quel Partito Nazionale Fascista che aveva dominato la vita italiana con la costruzione dello stato totalitario, e solo di quello: con quegli uomini che lo avevano costruito e dominato, con quello statuto che lo aveva regolato, con quelle milizie illegali che lo avevano protetto. Ogni altra forma di ricostituzione mascherata, adattata ai tempi, mimetica non cadrebbe sotto la proibizione. Come se i costituenti avessero scritto: il partito fascista si può ricostituire purché non sia in tutto e per tutto quello che è appena morto. Ma i costituenti non l’hanno scritto. Hanno scritto: «sotto qualsiasi forma».
Il professor Gervasoni, e molti altri come lui, ritiene che la messa fuori legge di organizzazioni di questo tipo sia pericolosa come precedente giuridico, ma anche controproducente sul piano politico, perché spingerebbe i loro aderenti a passare a forme di lotta illegali. Su questo si può discutere. Un criterio del genere ispirò i partiti al potere nell’Italia del dopoguerra: essi lasciarono vivere il Movimento Sociale Italiano malgrado la sua evidente natura post-fascista - che vuol dire appunto fascista sotto altre forme -, preferendo la sua visibilità al suo occultamento. Ma questo non ha niente a che fare con l’equiparazione tra fascismo e comunismo, tanto cara a coloro che vorrebbero smantellare l’antifascismo come ferrovecchio. I comunisti italiani hanno contribuito in modo determinante a edificare la Repubblica e a dotarla della Costituzione. I fascisti combatterono finché non furono travolti perché ciò non accadesse e i neofascisti fecero di tutto perché quella fiamma distruttiva sconfitta sopravvivesse sotto altre forme. In tempi in cui il ministro dell’interno si permette di rinnegare la festa della Liberazione alla stregua di una rissa tra fazioni, non sarà inutile ribadire questa verità elementare quanto incancellabile.

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