VISIONI

Cecilia, le possibilità infinite della «canzone popolare»

LA MUSICISTA RACCONTA IL SUO NUOVO ALBUM
LUCIANO DEL SETTEitalia

La rincorsa per spiccare il salto era cominciata quattro anni fa, album d’esordio Guest, dove cantava nel doppio ruolo di ospite accogliente e accolto. Dodici brani, per la maggior parte in inglese, firmati da lei; voce già sicura e potente, ottimi artisti in studio e al seguito, parole e musica capaci di destare l’attenzione del pubblico.
MA LA CECILIA che usa l’arpa come la chitarra del cantautore doveva trovare ancora piena maturità. Una maturità raggiunta calcando i palchi di tournée in tutta Europa; scrivendo il tema dello spettacolo teatrale 6 Bianca di Serena Sinigaglia; aprendo, nel cartellone di tanti festival, i concerti di De Gregori, Maria Gadù, Suzanne Vega, delle CocoRosie, di Niccolò Fabi. Quant’è lungo, quanto è vincente, il salto compiuto arrivando all’album numero due, Cupid’s Catalogue (Qui Base Luna)? Riascoltando Guest, la distanza appare netta. Nel Catalogo di Cupido Cecilia dimostra di aver fatto tesoro delle tante esperienze nazionali e internazionali, di essersi a lungo interrogata su come rendere ancora più espressivo e forte il legame con l’arpa, nato quando era soltanto una bambina di nove anni.
DA QUALI riferimenti sei partita, a chi hai guardato e guardi quando ascolti, scrivi, suoni? «Più che di riferimenti, parlerei di passioni. Mi piacciono le donne con uno strumento: Tori Amos, Anna Palmer, Carmen Consoli... Ovviamente Loreena McKennit, ma in questo caso parliamo dell’arpa, e perciò di tutti i riferimenti, pochi, che esistono». Cecilia preferisce essere definita: «Una cantante pop. Penso che la forma - canzone popolare, ormai quasi cristallizzata in tre accordi e voce tunnata, continui ad essere un mezzo estremamente espressivo; che all’interno dei pochi minuti di un pezzo si possano fare un sacco di cose». Cecilia, le cose le ha fatte, e molto bene. Al punto che non sai se preferirla sul disco o dal vivo, sempre e comunque in simbiosi perfetta con l’arpa mentre trascina nel valzer di Too much love too soon, dipinge orizzonti country in Maine, racconta di una serata alcolica a Trieste in Cypress vine, lascia scivolare sulle corde la malinconia di The Hut. Notevole il gruppo dei musicisti che hanno contribuito al valore del disco. Tra di loro Alan Brunetta, batteria e percussioni e, theremin e organo, Carlotta Sillano. La freccia di Cupido ha fatto centro.

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