INTERNAZIONALE

Mentre la battaglia infuria, Conte e l’inviato Onu Salamé parlano di «dialogo»

LIBIA
RACHELE GONNELLIlibia/italia

Il miglioramento della situazione in Libia «richiede tempo e supporto internazionale», esordisce l’inviato speciale delle Nazioni unite per la Libia Ghassam Salamé dopo l’incontro ieri alla Farnesina con il ministro degli esteri Moavero Milanesi. Salamé ha fatto la prima tappa a Roma ma il suo tour continuerà in altre capitali, sempre per far capire come il protrarsi della crisi in Libia, oltre a far soffrire il popolo libico, possa compromettere interessi «molto più ampi». Leggi: immigrazione, petrolio, terrorismo. I tre capitoli del dossier Libia che è al primo posto delle preoccupazioni del governo italiano, ha spiegato Conte al collega giapponese Abe.
SONO CIRCA 700MILA i non libici nel Paese, ha chiarito, «ma solo pochi attualmente vogliono imbarcarsi», in ogni caso l’Onu monitora la situazione. L’importante è stabilizzare il Paese e il primo passo è il cessate-il-fuoco, chiesto anche dal ministro degli Esteri russo Lavrov, Unione Africana e Lega Araba. I vicini temono che la Libia si trasformi in una guerra per procura di potenze dell’area e puntano il dito sulle responsabilità internazionale nel non fermare i traffici di armi: sono circa 20 milioni in Libia, tre-quattro per ogni libico mentre una strana nave iraniana è stata avvistata qualche giorno fa a largo di Misurata forse con un carico di armamenti.
IL PREMIER DI TRIPOLI Serraj sta cercando di resistere all’avanzata dell’esercito nazionale libico (Lna) e non soltanto sul piano militare. Ha rinsaldato i legami con il governatore della Banca centrale al Kabir, personaggio che non ha niente da sperare di buono dallo sfondamento delle linee di difesa, essendo molto inviso a Bengasi, legato com’è a doppio filo alla Fratellanza musulmana. Quindi ha organizzato un comitato di crisi per garantire servizi e aiuti alla popolazione sotto tiro e in vista del Ramadan a inizio maggio ha calmierato i prezzi dei biglietti aerei.
E si può mettere in questo novero anche l’iniziativa della Procura di Tripoli di spiccare un mandato di cattura contro Abd al Milan, detto «al Bija», ex comandante della Guardia costiera di Zawiya, divenuto boss dei trafficanti e torturatore di migranti, già incriminato dall’Onu per gravi violazioni dei diritti umani. Nell’opera di ripulitura dell’immagine del suo governo Serraj non ha dimenticato di ricordare ai quotidiani francesi il «martirio» delle forze a lui fedeli contro l’Isis a Sirte e si è nuovamente dipinto come l’unico potere «democratico» in grado di opporsi a una «dittatura militare» sotto le insegne di Haftar, accusandolo anche di aver preso di mira il centro di detenzione di migranti di Qasr Ben Ghashir a una ventina di chilometri dal centro con circa 890 dei 3.600 profughi reclusi in città.

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