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LE LETTERE

REDAZIONEITALIA

Notre Dame, radici comuni
La Società Italiana di Filologia Romanza dichiara il proprio sgomento per la tragedia che ha colpito la cattedrale di Notre Dame, uno dei luoghi simbolici della civiltà romanza ed europea. In nome di queste radici comuni, esprime la sua solidarietà ai Colleghi francesi e alle Società consorelle del mondo francofono.

Notre Dame e Londra
L’incendio che ha (parzialmente) distrutto la Cattedrale Notre Dame di Parigi è senz’altro qualcosa di drammatico e devastante, quasi mille anni di storia (e che Storia!) l’hanno vista protagonista. Però, leggendo interventi e commenti e la reazione della gente, vi scorgo un surplus di esagerata retorica catastrofista. Ho letto che qualcuno si è spinto a dire che l'incendio della Cattedrale è «l'undici settembre europeo»! Ragazzi, andiamoci piano con le perifrasi e coi paragoni azzardati: alle Torri gemelle morirono più di tremila esseri umani, a Parigi, per fortuna, nessuno. Non vorrei sembrare cinico: anch’io sono addolorato per l’incalcolabile danno provocato dalle fiamme alla bellissima chiesa gotica, ma, sinceramente, non provo la stessa disperazione, la stessa rabbia impotente che provai il 14 giugno di due anni fa, davanti alle immagini di un altro incendio: quello scoppiato a Londra e che distrusse completamente il grattacielo denominato "Grenfell Tower" portandosi con se la vita di 70 persone, morte in maniera atroce. Notre Dame, come ha già annunciato il presidente Macron, verrà ricostruita, la vita alle vittime londinesi nessuno gliela potrà restituire.
Mauro Chiostri


La lista «rossoverde»
Essere eccessivamente anticipatori normalmente in politica non paga. Però permette a distanza di tanti anni di riconoscersi. È il caso della lista «rossoverde» oggi evocata come elemento di identità per La Sinistra che sta per affrontare le elezioni europee. Ferma restando l’opinione che, dalla nostra parte, siamo carenti sul piano della soggettività politica mi farebbe piacere ricordare come proprio la stessa terminologia «rossoverde» fosse stata adottata dal Pdup (forza politica ormai dimenticata) per il tramite di una bellissima rivista «Pace e Guerra». Ci si trovava all’inizio degli anni ’80, in Germania stava comparendo i Grunen e in Italia le Liste Verdi erano ancora di là da venire (elezioni 1987). L’idea che sopraintendeva quella formula era quella della contaminazione, dell’intreccio di contraddizioni, partendo dalla critica al nucleare. Il messaggio fu poi recepito in ritardo soltanto dopo Chernobyl e mai completamente assimilato considerata proprio la deriva politicista che la Liste Verdi assunsero in seguito e le difficoltà incontrate nel riuscire a far passare nella sinistra tradizionale proprio una «cultura della contaminazione» e del rapporto con i nuovi movimenti. Così dall’eccesso di anticipazione si passò direttamente ad un ritardo non ancora colmato.
Franco Astengo


Le zone rosse di Salvini
Se di regola la primavera è il periodo del risveglio e della rigenerazione, nella visione lugubre e tetra della società di Matteo Salvini e i suoi sodali leghisti è evidentemente occasione per mettere in atto la loro propaganda più becera. Al grido «Nessuna tolleranza per degrado e illegalità», il Viminale plaude alle ordinanze prefettizie «anti-balordi», in pratica il Daspo, già applicato in diverse città sulla base del Decreto Sicurezza 14/2017 del ministro PD Marco Minniti. Coinvolte per ora Bologna e Firenze, le cui prefetture, di concerto con i sindaci di centrosinistra, hanno già cominciato ad allontanare chi è stato denunciato per spaccio, percosse, rissa, lesioni personali, danneggiamento di beni e commercio abusivo su aree pubbliche. «Darò direttive affinché simili provvedimenti scattino in tutta Italia», ha aggiunto Salvini. Le città si «colorano» dunque di zone rosse, nel rispetto dell’imperante assioma che vede strettamente legati decoro e sicurezza. Zone rosse dove relegare mendicanti e altre soggettività ritenute indesiderate per preservare il centro vetrina, segregando le marginalità sociali nelle periferie. Addirittura doppio colore (zone rosse e blu) nel caso di Calolziocorte in provincia di Lecco: i centri di accoglienza per i migranti dovranno rispettare distanze di sicurezza da scuole e stazione e, in misura inferiore, da oratori e biblioteca civica. E al triste elenco delle città con Daspo non poteva mancare Pisa, ormai spesso caso nazionale per vedere applicate dalla giunta a trazione leghista politiche pesantemente discriminatorie: l’ordinanza che «colorerà» di rosso le zone del centro e del litorale è in fase di ultimazione. Si tratta di limitazioni e restrizioni di libertà attraverso atti amministrativi, che violano la riserva di giurisdizione e la libertà di movimento previste dagli art. 13 e 16 della Costituzione: oggi il Daspo urbano colpisce le persone più ai margini, domani potrebbe colpire chiunque altro, per le motivazioni più strampalate del politico di turno. Questa deriva securitaria che fa a pezzi lo stato di diritto non ci appartiene. Avremo quartieri «bene» e periferie sempre più abbandonate a se stesse. Servono politiche di vivibilità e qualità urbana, integrazione, stanziamenti per il contrasto delle povertà, finanziamenti per garantire il diritto alla casa. La marginalità sociale invece viene gestita come questione di ordine pubblico e sicurezza, in chiave meramente repressiva. La nostra visione di città è diversa ed ha come obiettivo, declinato peraltro nel nostro programma elettorale, l’inclusione e la coesione sociale, per garantire la sicurezza reale, e non fomentando l’insicurezza percepita. L’esatto contrario della becera propaganda salviniana, fatta sulla pelle dei più deboli. Lo Stato di Polizia non può sostituirsi allo Stato di Diritto.
Diritti in comune: Una città in comune, Rifondazione Comunista, Pisa Possibile

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