VISIONI

Gino Paoli, la canzone come un desiderio fuori dalle regole

Una poesia lieve e eterna e una voce maturata a whisky e sigarette
ALDO GARZIAITALIA

Compirà ottantacinque anni a settembre, intanto festeggia i sessant’anni di carriera (concerto/evento all’Auditorium di Roma il 12 maggio). Gino Paoli è un raro esempio di longevità e creatività artistica. In tempi recenti ci ha preso gusto a presentarsi al pubblico pure in versione da interprete con arrangiamenti jazz di canzoni famose spaziando tra il repertorio degli chansonnier ai bolero latinoamericani, insieme a Danilo Rea, eccelso pianista. Lui compone e canta da oltre sessant’anni (La gatta è del 1960, le prime incisioni di canzoni non sue sono del 1959). La voce è maturata a base di Malboro e whisky, ha le tonalità giuste ed emoziona. Paoli ha sempre intrapreso strade artistiche innovative, pochi sanno presentarsi al pubblico, in teatro o in tv, con la sobrietà e l’eleganza che gli sono abituali. Ha dovuto piegarsi l’industria del disco, che a un certo punto – sul finire dei ’70 – voleva trattarlo come un cantante di revival e rifiutava di fargli incidere nuove canzoni.
ANCHE LA POLITICA, a un certo punto, è andato a cercarlo. Paoli è stato deputato del Pci dal 1987 al 1992, a Montecitorio sedeva tra Luigi Pintor, col quale spesso chiacchierava di musica, e Stefano Rodotà. Le sue proposte per tutelare gli autori, diffondere la musica nelle scuole e nelle carceri minorili non ebbero fortuna. Nel 1991, deputato in carica, si prese una delle sue rivincite: vinse il Festivalbar con Quattro amici al bar. Paoli ha scritto canzoni che resteranno nel patrimonio della musica leggera non solo italiana (Senza fine, il ritratto di Ornella Vanoni, ha fatto il giro del mondo). Ha aiutato a muovere i primi passi canori a Luigi Tenco, Lucio Dalla, Fabrizio De André e Zucchero. Ha dato una mano a Umberto Bindi, mentre l’Italia bacchettona e omofoba buttava nel cestino l’autore di Il nostro concerto perché non celava di essere gay. Paoli possiede inoltre record curiosi: ha fatto il primo videoclip a colori italiano con La gatta (1961, regia di Vito Molinari) e ha inciso nel 1965 il primo 33 giri «live» per la Rca (Gino Paoli allo Studio). Tra gli arrangiatori dei suoi primi dischi ha avuto nientepopodimeno che Ennio Morricone. Gino da ragazzo voleva fare il pittore, un po’ più tardi trova lavoro come grafico. Ha però amici che come lui per esprimere le proprie idee scelgono il linguaggio della musica: Luigi Tenco, Bruno Lauzi, Fabrizio De André, Giorgio Calabrese, i fratelli Gian Piero e Gianfranco Reverberi. E saranno proprio quest’ultimi a portare Paoli a Milano per una audizione alla Ricordi. Con la direzione artistica di Nanni Ricordi, Gino realizza i primi 45 giri nel 1959. Non hanno grande riscontro. La svolta arriva quando Mina decide di interpretare quel capolavoro che è Il cielo in una stanza. Quando Ricordi passa alla casa discografica Rca, si porta dietro Paoli che nel 1963 incide con enorme successo Sapore di sale e dopo Che cosa c’è. Ma il successo non è solo rose e fiori, Paoli pensa di avere ormai conquistato tutto, per questo tenta il suicidio nel 1963.
CI SONO altri momenti di crisi. Come alla vigilia del 1968, quando le canzoni di Paoli non incrociavano il gusto del pubblico e lui si acconciò per qualche tempo a fare l’oste a Levanto dove dirigeva una balera-discoteca-ristorante collocata sulla spiaggia. Poi, il grande ritorno: prima in una serata al Pincio, a Roma, nel 1975 come ospite d’onore della festa dei giovani comunisti organizzata da Gianni Borgna, Goffredo Bettini e Walter Veltroni.
POI ANCORA ci fu l’esibizione con Ornella Vanoni nel Festival dell’Unità di Roma del 1984, a cui seguirono una fortunatissima tournée e un disco (Insieme). Dove sta il segreto di Paoli? L’uomo e il cantante non sono facili al primo impatto. Gli hanno cucito addosso per tanti anni la fama di scontroso e irritabile. L’uomo Paoli si è invece sempre concesso agli altri quando c’era una giusta causa da difendere, pur se a lui non piacciono le bandiere e le verità di una parte sola. Ha aiutato Emergency di Gino Strada, ha cantato contro l’embargo economico a Cuba, è stato sempre al fianco delle buone cause di Don Gallo a Genova.La spiegazione della durata artistica di Paoli sta nel suo stile capace di rinnovarsi nelle sonorità e negli arrangiamenti grazie a collaboratori scelti con cura. Per questo, non si contano più le generazioni che si sono innamorate, divorziate, riconciliate e arrabbiate con le sue canzoni. Pubblico, teatri e palcoscenico sono del resto indispensabili a Gino Paoli. Sono ingredienti che ricaricano le batterie e la creatività. Pure a 85 anni e dopo 60 di carriera.

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