EUROPA

Gli storici dell’arte contro i tagli. Sotto tiro anche le donazioni

LE POLEMICHE
EUGENIO RENZIFRANCIA/PARIGI

Lunedì sera, il presidente della Repubblica Emmanuel Macron aveva twittato: «Sono triste nel veder bruciare questa parte di noi». Parole scelte con cura e che per una volta hanno trovato tutti d’accordo. Ma l’unanimità non è durata che un giorno. Già la mattina dopo quelle parole gli si sono ritorte contro. Hanno cominciato alcuni storici dell’arte, i quali hanno fatto notare che l’incidente non è il primo, che incendi del genere sono sempre meno rari e che non sono il frutto del caso ma dell’incuria, additando le scelte politiche che in questi ultimi anni hanno assottigliato il budget dello Stato dedicato alla manutenzione dei monumenti e alla loro messa in sicurezza.
Il redattore capo della rivista La Tribune de l’art, Didier Rickner, invitato del canale radio France Info, ha dichiarato che il dramma «si sarebbe potuto evitare» e che, in base a un’inchiesta da lui stesso effettuata presso altre chiese e monumenti di Parigi, molti di essi risultano «non a norma in materia di sicurezza e prevenzione». Il più duro è stato senza dubbio Jean-Michel Leniaud, presidente del Conseil scientifique de l’institut national du patrimoine ed ex direttore della prestigiosa scuola nazionale di paleografia, L’école de Chartres, il quale ha affermato che «questo incendio mostra la nostra miseria e la nostra debolezza».
La polemica non si è circoscritta alla politica di austerity. Ieri, alcuni padroni di grandi gruppi multinazionali si sono fatti avanti con il portafogli in mano. Primo della cordata, il padrone di Carrefour Bernard Arnaud, il quale ha promesso 200 milioni di euro. Seguito da François Pinaud, che ne ha promessi 100. Cifre importanti, e che in altri tempi avrebbero suscitato consenso e plauso. Nel contesto attuale (ricordiamo che una delle rivendicazioni, se non la principale, dei gilet jaunes è la reintroduzione della tassa sui grandi patrimoni che Macron ha eliminato all’inizio del proprio mandato) queste dimostrazioni di liberalità sono state accolte come sale sulle ferite. Da più parti si è fatto notare che queste grandi fortune cercano in ogni modo di sfuggire al fisco. François Pinaud, secondo un’inchiesta che il sito Mediapart ha pubblicato a marzo del 2018, sarebbe colpevole di aver sottratto 2,5 miliardi di euro all’erario. Quanto a Bernard Arnauld, l’inchiesta dei Paradise Paper, pubblicata dal quotidiano Le Monde, aveva rivelato nel 2017 che la gran parte della sua ricchezza è al sicuro in vari paradisi fiscali, e che per la piccola parte dichiarata in Francia, il magnate della grande distribuzione beneficia di varie riduzioni e abbattimenti, e che per conseguenza riesce a sottrarre al fisco un totale di circa mezzo miliardo di euro l’anno.

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