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Perché è riduttivo il «Russiagate» dell’Europa

Sovranismi
YURII COLOMBOeuropa/russia

Nelle settimane scorse ha ripreso vigore una campagna giornalistica volta a dimostrare l’esistenza di un’«internazionale sovranista» il cui vertice si troverebbe al Cremlino. Prima il gruppo Espresso/La Repubblica poi Liberation hanno pubblicato inchieste che dimostrerebbero l’esistenza di una rete europea di destra le cui fila verrebbero tirate da Putin. Tuttavia, se lette attentamente, ai titoli roboanti di queste inchieste seguono articoli in cui si fa ampio uso dei condizionali e invece di prove vengono proposti indizi e «sentito dire», producendo nel lettore appena smaliziato una sensazione di straniamento e perplessità.
Intendiamoci: le relazioni tra Russia Unita con il Front National, l’AfD tedesca e la Lega esistono davvero. Per restare a casa nostra i rapporti tra Lega e partito di Putin ci sono da anni e sono ufficiali. Attraverso l’Associazione Lombardia Russia di Gianluca Savoini vengono facilitate le connessioni economiche tra aziende italiane e russe che producono di sicuro vantaggi diretti e indiretti al partito di Salvini. E durante la fase più calda della guerra del Donbass accorsero a combattere nel campo delle repubbliche separatiste del Donbass simpatizzanti dell’estrema destra e della Lega. Salvini stesso non hai nascosto la simpatia per la figura Putin campione dei valori tradizionali della famiglia e di un sistema basato sul «potere verticale». E senza cercare complotti, il governo giallo-verde ha scritto nero su bianco nel suo programma che intende operare per togliere le sanzioni alla Russia (anche se poi alla prova dei fatti ha votato non solo il rinnovo di tutte le sanzioni assunte dai governi precedenti ma anche a favore di quelle più recenti).
Ciò detto, rappresentare la politica estera europea di Putin come una trama per destrutturare l’Unione europea per mezzo delle forze politiche di destra rischia solo di alimentare pregiudizi nell’opinione pubblica occidentale. L’economia russa si basa sull’esportazione, principalmente di petrolio e gas, e sull’importazione di tecnologie e manufatti: si direbbe un paese semi-coloniale non fosse per le sue dimensioni bicontinentali. Il suo peso economico su scala mondiale è marginale: il Pil è poco più di 1500 miliardi di dollari, inferiore a quello italiano e meno della metà di quello della Germania. Il budget per la difesa è faraonico, in relazione alla sua forza economica, quasi 60 miliardi di dollari, ma è meno di un decimo di quello Usa. La rappresentazione della Russia come una superpotenza in grado un giorno di far abbeverare i cavalli dei cosacchi alla Fontana di Trevi risulta ancora più irreale di quando questa fantasmagoria venne fatta circolare durante la guerra fredda. Difficile pensare poi che un paese dove l’antifascismo legato alla Grande Guerra Patriottica è collante sociale e principio fondante, possa essere uno stabile alleato con forze che hanno fatto del revisionismo storico una loro bandiera. È più credibile pensare alla Russia come a una potenza regionale impaurita che con il probabile passaggio nel futuro dell’Ucraina nella Nato, si sente sempre di più, a torto o a ragione, accerchiata.
I cremlinologi hanno sostenuto che Putin sia un ottimo tattico, pronto a sfruttare le contraddizioni altrui, ma non abbia visione strategica. Mosca del resto negli ultimi anni oltre a tessere relazioni con «l’internazionale nera» ha mantenuto ottimi rapporti con il governo greco, almeno fino a quando Tsipras ha firmato l’accordo con la Macedonia che ha aperto la strada all’adesione alla Nato di quest’ultima. E ha ottime relazioni, confermate negli scambi bilaterali, con il governo socialista lusitano, al punto che il Portogallo è stato uno dei pochi paesi a rifiutarsi di introdurre sanzioni contro la Russia per il caso Skripal. E con la Germania di Merkel, la locomotiva d’Europa, seppure non ci siano più la luna di miele di qualche anno fa, la costruzione del gasdotto North Stream 2 dimostra gli intensi rapporti che permangono tra i due paesi. La Russia più che voler costruire un’improbabile «cordata sovranista», in cui molto potenziali attori (dalla Polonia ai paesi baltici) restano fortemente ostili a Putin, sembra cercare appiglio tra quei governi e partiti europei disponibili ad allentarne l’isolamento. Nel paese di Putin cresce l’autoritarismo e si riducono i diritti sociali. Solo recentemente è stata innalzata l’età pensionabile (provocando molte manifestazioni di protesta) e si sono repressi gli scioperi della logistica. Ma la stampa occidentale non se ne è curata, preferendo consumare fiumi d’inchiostro sul «Russiagate», sgonfiatosi clamorosamente negli Usa solo qualche giorno fa. Segno forse di una cattiva coscienza che si annida tra le democrazie occidentali quando dai complotti si passa a parlare di diritti dei più deboli.

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