CULTURA

Scott e Mark Kelly, lo strano caso dei gemelli in orbita a confronto

SCIENZA
ANDREA CAPOCCIusa

Rimanere in orbita sulla Stazione Spaziale Internazionale (ISS) per lunghi periodi di tempo ha diversi effetti sull’organismo. Ma la maggior parte di loro rientra nella normalità nel giro di sei mesi dopo essere tornati a Terra.
È LA SINTESI dei risultati di una ricerca su una coppia straordinaria, quella formata dai cinquantacinquenni gemelli statunitensi Scott e Mark Kelly. I fratelli Kelly sono omozigoti, quindi condividono lo stesso corredo genetico. In più, hanno entrambi lavorato alla Nasa come astronauti e in comune hanno anche un tumore alla prostata, diagnosticato a entrambi (e superato) nel 2007. Con due organismi così simili, i gemelli Kelly rappresentano il test ideale per studiare gli effetti a lungo termine del volo spaziale.
È proprio quello che ha fatto la Nasa, inviando Scott nello spazio in una missione durata quasi un anno tra il 2015 e il 2016. Durante la missione, Scott inviava a Terra campioni da analizzare per confrontare i suoi parametri fisiologici con quelli del fratello Mark che non era partito. A tre anni di distanza, i gruppi di ricerca coinvolti hanno diffuso ieri i risultati definitivi del singolare esperimento sulla rivista «Science», a cui hanno collaborato una dozzina di gruppi di ricerca.
Le analisi hanno rivelato che dopo 340 giorni di volo (tanto è durata la missione di Scott) si altera l’espressione dei geni, cioè il tasso di produzione delle proteine in cui si specializzano le cellule dei vari tessuti. Ma sei mesi dopo il rientro sulla Terra, il 90% dei geni coinvolti dall’alterazione ritorna ai valori normali.
DURANTE IL VOLO SPAZIALE, a circa 400 km di quota, gli astronauti devono fare i conti con l’alterato flusso dei fluidi corporei dovuto all’assenza di gravità (apparente, perché senza gravità astronauti e Iss si perderebbero nel cosmo). I tipici problemi di salute degli astronauti, alla vista e al sistema cardiovascolare, tipici per gli astronauti durante la missione, sembrano dipendere da questo. Ma quando si viaggia a 400 km di quota, si è esposti anche ai raggi cosmici che sulla Terra sono schermati dal campo magnetico terrestre e dall’atmosfera. Si tratta di radiazioni a forte potere ionizzante e che dunque possono influenzare i meccanismi di regolazione del Dna e provocare l’insorgenza di tumori. «Lo studio sui gemelli mostra la resilienza e la robustezza con cui l’organismo umano si adatta a un gran numero di cambiamenti indotto dalle condizioni di un volo nello spaziale», ha dichiarato Brinda Rana dell’università di San Diego, una degli autori dello studio.
È una buona notizia in vista dei futuri progetti di esplorazione della Nasa perché garantire la sicurezza degli astronauti è una delle maggiori difficoltà da affrontare prima di pianificare viaggi a lungo termine. Secondo i piani, un eventuale viaggio verso Marte durerebbe circa tre anni, durante i quali trovare rimedi per eventuali problemi sanitari potrebbe essere impossibile.

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