VISIONI

La fuga di un cane per raccontare la divisione di Cipro

Presentata al Festival del cinema europeo di Lecce la commedia «Torna a casa, Jimi!» di Marios Piperides
SILVANA SILVESTRIitalia/lecce

Mentre la commedia europea mostra un tipo di umorismo diverso per ogni paese, un certo tipo di commedia mediterranea è riconoscibile per un grado di sopportazione, spunti filosofici, ostinazione nell’affrontare situazioni impossibili. Lo abbiamo visto tante volte nei film albanesi e greci (meno in quelli italiani più affini alla farsa) ed ora al Festival del cinema Europeo di Lecce in un film cipriota Torna a casa, Jimi! di Marios Piperides, produttore qui al suo esordio, che sarà distribuito nelle nostre sale il 18 aprile. La complessa vicenda della divisione dell’isola in due zone, anzi in «luoghi liberi e luoghi occupati dai turchi», come dice il protagonista Yiannis, è resa dall’apparente inoffensivo marchingegno del suo cane scappato dal guinzaglio e fuggito nella zona cuscinetto. Musicista in fase di crisi esistenziale e sentimentale (Adam Bousdoukos) Yiannis ama il suo cane a cui ha messo il nome di Jimi Hendrix e soprattutto teme la reazione della sua ex perché il cane lo avevano preso insieme, malinconica storia d’amore che stempera gli spunti umoristici. Oltre al fatto che Yiannis ha un biglietto aereo per la Germania per lasciare l’isola pochi giorni dopo, prima che la padrona lo butti fuori di casa e prima di essere fatto fuori da due feroci creditori.
SEMBRA IMPOSSIBILE recuperare Jimi, è vietato per legge far passare il confine ad animali e generi alimentari. Ma poiché si tratta di gente mediterranea, tutte le scappatoie saranno messe in pratica per arrivare a recuperare il caro animale. L’elemento umoristico è tanto più evidente in quanto sono messi in atto anche con l’aiuto di loschi individui iniziative più adatte al traffico di armi, di valuta o di droga. Nel corso delle più svariate vicende del salvataggio emergono gli elementi di conflitto, le differenze ma anche le affinità tra le due popolazioni, lo status dei «coloni», la decisione che accomuna tutti di raggiungere per sempre i paesi del nord Europa dove avere una vita migliore. In una superficie tanto piccola simbolicamente sono contenuti tutti i confini e i muri che caratterizzano il mondo in questa epoca storica. Ed emergono tutti i particolari della vita quotidiana, le assurdità burocratiche, le difficoltà, tra l’indifferenza internazionale nei confronti delle soluzioni ad alto livello.
VENERDÌ il film sarà presentato per la prima volta a Cipro, «invece la distribuzione nella zona nord è molto complicata», dice il regista. «Non è un film contro Cipro, ma già solo mostrare la bandiera turca è visto male. Il film ha avuto nella zona turca una sola giornata di riprese anche perché non c’è una grande differenza di location. I problemi invece li abbiamo avuti per ottenere i tanti permessi da parte delle due zone e in più dalle Nazioni Unite. La situazione è molto più complessa di quello che sa la gente, ad esempio moltissime persone non vogliono neanche passare la frontiera per non dover mostrare i documenti alle autorità. Nel film mettiamo al centro dell’attenzione internazionale il problema che ogni giorno vive la gente comune di Cipro. Costruiamo i muri per difenderci dall’altro, ma dobbiamo conoscere l’altro e quando questo accade c’è un avvicinamento. È una situazione che si vive ovunque, ci sono tanti rifugiati, e anche parecchia propaganda da tutte e due le parti: fino dalle elementari si ribadisce che siamo nemici e non possiamo vivere insieme».

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