POLITICA

Tria punta i piedi, il governo rinvia il decreto sui rimborsi

In consiglio dei ministri nessun accordo sui truffati dalle banche. Di Maio: lunedì ascoltiamo le associazioni, ma la pazienza è finita
ANDREA COLOMBOITALIA/ROMA

Il braccio di ferro dura ore. Inizia alle 16, con una riunione pre-consiglio che dovrebbe trovare la quadra sui rimborsi per i risparmiatori truffati e non ci riesce. Prosegue fino a sera nella riunione del consiglio dei ministri. Si conclude con un nulla di fatto. I rimborsi non saranno inseriti nel decreto crescita. Se ne riparlerà il 9 aprile, previo incontro lunedì prossimo tra il premier e le associazioni dei risparmiatori. Le fonti M5S cantano vittoria: «Vince la linea di Di Maio. Le norme volute da Tria non sono nel decreto». Disinformazione pura. Stallo era e stallo resta. Sul punto chiave il ministro Tria non cede e alla fine l’unica soluzione possibile è un nuovo rinvio, invocato dallo stesso Di Maio: «Bisogna prima ascoltare le associazioni».
IL NODO CHE NON SI RIESCE a sciogliere è se mantenere la norma istitutiva del Fondo di 1,5 miliardi già contenuta nella legge di bilancio, con i rimborsi a pioggia e automatici per tutti i truffati, o modificarla ponendo dei paletti e sottoponendo a verifica ogni caso. La prima ipotesi per il ministro dell’Economia è impraticabile. Significherebbe esporsi a una procedura d’infrazione europea che costituirebbe il peggior viatico per la durissima trattativa con la Ue sui conti pubblici che terrà banco nei prossimi mesi. Luigi Di Maio segue un’altra logica, quella che ha esposto brutalmente nei giorni scorsi a Giovanni Tria: «Così ci fai perdere le elezioni». Una mediazione tra queste due esigenze di fatto opposte non si è trovata. La tensione è ancora più alta. «Soluzione lunedì. La pazienza è finita», sbotta Di Maio.
Che l’ottimismo della vigilia fosse poco fondato lo si era capito già dalla mattina, quando Conte, da San Patrignano, garantiva giubilante «l’unità di intenti del governo» senza però sbilanciarsi: «C’è un problema tecnico. Confidiamo di poterlo risolvere». Qualche ora dopo le fonti del Mef confermavano che l’intesa era in realtà lontana. Non è questione di scudi per i tecnici del Mef o di dettagli, per quanto significativi. Il braccio di ferro tra il ministro Tria e il Movimento 5 Stelle è politico e non si esaurisce affatto con la defatigante maratona di ieri, oltre tutto su un punto che, caso ormai quasi unico, vedeva i due partiti della maggioranza concordi e l’intero governo solidale almeno sull’obiettivo di fondo.
LA REALTÀ È CHE I 5S si sono trovati di fronte in questo frangente un ministro dell’Economia molto diverso da quello a cui erano abituati. Paziente, se del caso cedevole, capace di notevole resilienza, Tria, per come viene descritto da chi lo conosce bene, è uno di quei tipi che possono però trasformarsi nell’opposto se viene superato un certo limite. Quel confine è stato varcato politicamente con la scelta di sfidare di nuovo l’Europa pur di concedere quei rimborsi a pioggia che contrastano con le regole Ue, anche a costo di rendere ancor più difficile la già ardua trattativa che si aprirà nei prossimi mesi, con la scure di una procedura d’infrazione per debito, cioè di fatto del commissariamento, molto vicina al collo dell’Italia.
Ma negli ultimi giorni è stata colmata la misura anche sul piano dei rapporti personali, con l’attacco contro Claudia Bugno, consigliera di Tria, oltre tutto sferrato prendendo di mira il figlio della moglie del ministro. Ci sono lacerazioni che ricucire è quasi impossibile: quella che si è prodotta negli ultimi tre giorni è una di quelle. Le rassicurazioni di Giuseppe Conte e ieri anche di Luigi Di Maio, che definisce l’intenzione pentastellata di sloggiare Tria da via XX Settembre «una leggenda», non possono bastare. Il ministro è convinto che dietro gli articoli che hanno aperto il fuoco contro la sua consigliera (e ieri anche contro la sua portavoce Adriana Cerretelli) ci sia il M5S. Ritiene che il partito con cui condivide l’esperienza di governo ricorra senza remore al dossieraggio e in condizioni simili non è facile neppure andare a cena, figurarsi governare spalla a spalla in una situazione già più che difficile.
DUNQUE TRIA HA DECISO di puntare i piedi sui rimborsi ma non si fermerà qui. I rimborsi ai truffati dalle banche sono l’antipasto. La pietanza arriverà col Def e poi con la legge di bilancio. Se sarà messo alla porta sa che probabilmente il ministro degli esteri Enzo Moavero lo seguirà e per il governo proseguire senza più la copertura del Colle sarà mission impossible.

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