VISIONI

Ci vuole coraggio e buona mira per educare il giovane Rey

Poliziesco e film di formazione con qualche spunto western andino
SILVANA SILVESTRIargentina

Il cinema argentino da tempo si è allontanato da Buenos Aires, location inevitabile dei suoi film, dai classici ai contemporanei. Sono state esplorate le regioni da Salta (Lucrecia Martel), alla Patagonia di Lisandro Alonso, ed ora Santiago Esteves con il suo esordio L’educazione di Rey ci mostra la sua città, Mendoza, lontana dalla capitale e inedita sullo schermo.
TRA POLIZIESCO e western oltre che film di formazione è un’opera prima controllatissima, già presentata a San Sebastian e al Bafici. Rey, il re (Matías Encinas) è il diminutivo di Reynaldo, un adolescente che si aggrega al fratello maggiore per un piano che sembra ben studiato, Rey così magro può entrare dalla finestra, bloccare l’antifurto e prendere i soldi, ma qualcosa va storto, c’è un cane da guardia. Nella fuga, mentre il fratello e il complice sono catturati, Rey scappa sui tetti e cade in un patio, bloccato da Vargas il padrone di casa, che non lo consegna alla polizia a patto di ricostruire la serra distrutta nella caduta. Carlos Vargas (Germán de Silva, era anche in Storie pazzesche di Damián Szifrón) guardia giurata in pensione decide di fare così perché sa come vanno a finire i ragazzi al riformatorio, tratta Rey come se dovesse plasmarlo, coglie in lui lati di coraggio che vanno ben indirizzati.
GLI INSEGNA le regole base di comportamento, ma anche come sparare, a cominciare dall’indicazione di non dare mai le spalle a chi ha un’arma, non usarle se si è nervosi o se si ha paura, mirare al bersaglio, pensare che lo hai già colpito e poi sparare. Tutti consigli che saranno utili a Rey quando troverà nel cassetto chiuso a chiave la pistola di Vargas. E questo allenamento non dovrà sembrare pleonastico, ma è un po’ il cuore del film, in alcuni casi l’unico rapporto che lega nel latinoamerica padri troppo rudi per andare oltre e figli maschi, insegnare a maneggiare un fucile, come avevamo già visto in Temporada de caza di Natalia Garagiola
LUOGHI dove fino a poco tempo fa le porte delle case restavano aperte sono diventati bersaglio di malavita per la crisi economica, ma il clima di allarme del film riporta anche ai tempi della dittatura con attitudini poliziesche abituate a tecniche di tortura ben sperimentate. Come era ben raccontato nel film di Pablo Trapero El clan, qui in maniera più capillare e diffusa sul territorio si diffonde un clima di intimidazione e corruzione a cui bisogna essere preparati per sapere anche da che parte stare.

Supporta il manifesto e l'informazione indipendente

Il manifesto, nato come rivista nel 1969, è sinonimo di testata libera, indipendente e tagliente.
Logo archivio storico del manifesto
L'archivio storico del manifesto è un progetto del manifesto pubblicato gratis su Internet e aperto a tutti.
Vai al manifesto.it