POLITICA

«I feti potrebbero essere adottati così le donne non abortirebbero»

LA NUOVA CROCIATTA DELLA LEGA CONTRO LA 194
ALESSANDRA PIGLIARUITALIA

Si chiama «Disposizioni in materia di adozione del concepito» la proposta di legge leghista che vuole minare e delegittimare la 194. Primo firmatario il deputato ventisettenne padovano Alberto Stefani, il testo dal 15 marzo è all'esame delle commissioni riunite di Giustizia e Affari sociali, dopo essere stato presentato il 4 ottobre 2018.
Molte le reazioni contrarie già dalle prime ore di ieri. Luigi Di Maio sostiene che sia «un falso problema» quello di discutere la 194; «pensiamo a sostenere le famiglie prosegue - a mettere in condizione le mamme di portare avanti una gravidanza, di aiutare le giovani coppie con incentivi». Anche Alessandra Maiorino - capogruppo m5s in Commissione d’inchiesta sul femminicidio - è intervenuta per dire che «la violenza sulle donne (...) è anche cercare sistematicamente di minarne diritti, libertà e possibilità di scelta».
Fin dalle prime righe della proposta leghista si comprende infatti come sia deliberato il tentativo di impedire l’interruzione volontaria di gravidanza.
Di cancellare e vietare quindi l’aborto legalizzato dopo anni di lotte che hanno guadagnato una legge 41 anni fa e che, nei primi paragrafi della proposta leghista, viene licenziata nel suo utilizzo come «strumento contraccettivo» incapace tra l’altro di «debellare» l’aborto clandestino, insieme alle «uccisioni nascoste» causate, si legge, dalle pillole abortive; detto questo il clima è preoccupante anche per l’eliminazione degli embrioni umani «sacrificati nelle pratiche della procreazione medicalmente assistita».
L’idea però è ancora più subdola, oltre che infelice, perché la crociata pro-life viene a legarsi con il tema delle adozioni, tasto dolente per chiunque abbia dovuto e voluto affrontare in Italia un percorso simile e sa quali siano i tempi e la burocrazia da affrontare. L’intenzione è di «coniugare l’elevato numero di concepiti indesiderati e il desiderio reale di coppie disponibili all’adozione nazionale». Di fatto, si tratta della revisione di un diritto acquisito come quello interno alla 194 che sancisce la legalità e la laicità di una scelta che deve restare individuale e riposta nella esperienza complessa di ognuna. E lo si abbina strumentalmente e in maniera sconsiderata con il desiderio o la sua mancanza. Certo non ci sarebbe scambio di denaro come nella Gpa, si specifica, ci penserebbe invece il tribunale a rendere effettiva questa trattativa di adottabilità intrapresa dalla puerpera quando ancora in gestazione. Lessicalmente insidiosa, la proposta di legge afferma che le donne non siano sufficientemente orientate e informate sulle alternative all’interruzione volontaria di gravidanza, per questo in linea con quanto viene promosso dai movimenti dei vari family-day che già plaudono all’iniziativa (gli stessi che nei prossimi giorni si riuniranno a Verona al Congresso mondiale delle Famiglie). All’articolo 1 viene disposto che, entro 90 giorni dal concepimento, una donna possa avviare le pratiche di adottabilità del feto (futuro bambino) nel caso in cui dovesse avere problemi psico-fisici, economici, sociali e anche famigliari. Certo se poi, anche dopo i primi tre mesi di gestazione, si dovessero verificare malformazioni del feto si può comunque inoltrare la pratica. E lì diventa tutto veloce poiché il tribunale dei minori in pochi giorni accoglie la richiesta e d’altro canto anche quella delle famiglie che si candidano. Ci sarebbe poi l’ipotesi che la donna cambi idea ma avrebbe poco tempo. In ogni caso ci penserebbero dei giudici che veglierebbero anche sul benessere del bambino dato in una prima fase di affido.
Tutto ciò accade in un paese in cui vi è un elevato numero di obiettori di coscienza nei reparti di ostetricia e ginecologia (e non solo) e dove sarebbe più appropriato parlare di salute delle donne, di sanità pubblica e laica. Per esempio. Invece di aggirarsi per le aule della Camera facendo i deputati con lo speculum in mano, a tentare di scalzare diritti e libertà. Non è mica un gioco, il corpo delle donne.

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