SOCIETA

«Non abbiamo violato la legge. I libici? Ci hanno offerto il loro aiuto»

LUCA CASARINI, CAPO MISSIONE MARE JONIO
ADRIANA POLLICElibia/italia/lampedusa

Quando Luca Casarini risponde al telefono è ancora a bordo della Mare Jonio, la nave della piattaforma italiana Mediterranea saving humans, che lunedì ha salvato 49 migranti al largo della Libia.
Casarini, la Guardia di finanza vi ha sottoposto a ispezione, cosa hanno controllato?
Sono saliti intono alle 8 di mattina (ieri ndr), hanno verificato lo stato di salute dei naufraghi, un ragazzo è stato evacuato per sospetta polmonite, gli altri stanno meglio ma comunque sono in difficili condizioni psicofisiche. Poi hanno controllato i documenti dell'equipaggio e quelli della nave. Sono stati molto scrupolosi. Intorno alle 13 l’ispezione è terminata, hanno redatto un verbale in cui è scritto che «non c'è nulla da segnalare» se non che le persone a bordo sono «provate». Del resto per poter salpare da Palermo, sabato scorso, avevamo superato quattro ispezioni delle autorità italiane. Resta il fatto che anche adesso che stiamo parlando, ed è passata più di un'ora dalla firma sul verbale, la Guardia di finanza è ancora a bordo in attesa di disposizioni. Siamo circondati da tre navi della finanza e una della Capitaneria di porto, in isolamento.
Il Viminale dice che avete violato le norme sui salvataggi, come da circolare diramata lunedì sera, e per questo non potete approdare.
Il nostro legal team ha spiegato che le direttive sono subordinate a leggi e convenzioni internazionali. E noi non abbiamo violato alcuna legge.
Ma il governo afferma che il salvataggio era di competenza dei libici. La Guardia costiera di Tripoli dice che erano vicini al gommone e il vostro intervento non era necessario perché era solo un guasto al motore. Come sono andati i fatti?
Lunedì l’aereo Moonbird di Sea Watch ha avvisato i Centri di coordinamento dei soccorsi, e anche noi in copia, che c’era un natante in difficoltà. Abbiamo dato la disponibilità a intervenire ma da Roma ci hanno intimato di non farlo perché era di competenza dei libici, indicando le coordinate dell’evento Sar e imponendoci di stare a 8 miglia dal punto segnalato. Noi allora ci siamo allontanati di 20 miglia verso est riprendendo il pattugliamento. Ma da Moonbird è arrivata una seconda segnalazione su un gommone con una cinquantina di persone, proprio vicino a dove eravamo noi.
È allora che siete intervenuti?
Sì, era alla deriva, i tubolari erano mezzi sgonfi e imbarcava acqua, le persone a bordo erano in pericolo di vita. Abbiamo avvisato Tripoli spiegando che eravamo già sul posto e operativi. Quando i 49 avevano già avuto i giubbotti di salvataggio ed erano quasi tutti a bordo, è arrivata la motovedetta dei libici. Non c'è stata nessuna tensione, ci hanno chiesto se avevamo bisogno di aiuto e sono rimasti a controllare le operazioni. Prima di andare via li abbiamo contattati ancora per chiedere se dovevamo affondare noi il gommone, come vuole la legge, o l’avrebbero fatto loro. Si sono presi l’incarico così noi abbiamo fatto rotta verso nord mentre i libici bucavano i tubolari. Non ci hanno mai chiesto di consegnare i naufraghi ma solo se ci serviva aiuto.
Perché avete fatto rotta verso nord?
La Libia non è un porto sicuro, come ribadito anche dall’Onu, e stava arrivando una tempesta da sud-est, l’unica possibilità era andare verso la Sicilia. Durante la notte il mare è diventato forza sette con onde alte tre metri e raffiche di vento forte. Intorno alle 6 di mattina, arrivati a 13 miglia da Lampedusa, a un miglio quindi dalle acque territoriali italiane, il pattugliatore Paolini della Guardia di finanza ci ha intimato di fermarci e spegnere i motori perché non avevamo l’autorizzazione a entrare. Ma con i naufraghi a bordo e il mare grosso avremmo messo in pericolo tutti così siamo entrati e la Capitaneria di porto ci ha assegnato un posto alla fonda a ridosso della costa. Alle 8 è cominciata l’ispezione.

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