CULTURA

La storia delle donne narrata per immagini

L’antropologa e scrittrice Max Dashu ospite a Roma
ARIANNA DI GENOVAusa/italia/roma

Quando nel 1969, l’antropologa femminista, scrittrice e artista americana Max Dashu ottenne una borsa di studio in quel di Harvard, dovette fare i conti con la realtà: prima della fondazione degli Women’s Studies, la storia delle donne era considerata una bazzecola. Si intestardì e continuò per la sua strada, fondando i Suppressed Histories Archives - più di 30mila immagini digitali che presentano le eredità culturali al femminile. Dashu è ospite a Roma nell’ambito del festival «Goddess Conference», presso la Casa internazionale delle donne.
Qual è stato il punto di partenza degli «Archivi soppressi»? Olter alle immagini, ci sono testi, diari, testimonianze orali?
Sono stata sempre consapevole del disprezzo sociale e della pervasiva violenza subìta dalle donne: volevo scoprire se erano invece libere in qualche parte del mondo. Il mio docente di antropologia aveva parlato delle società matrilineari, ma aveva anche specificato che tutte le società umane, fin dall’inizio dei tempi, erano state dominate dagli uomini. Così, ho voluto saperne di più: quelle matrilineari suggerivano la possibilità che esistessero forme di organizzazione alternative - modi di vivere meno gerarchici, meno brutali e disadattivi. Le culture indigene sembravano fare il mio caso. Le storie orali aborigene, ad esempio, si riferiscono spesso a donne fondatrici, inventrici (di agricoltura o tessitura) e a leader, in particolare spirituali come sciamane, profetesse e sacerdotesse. Attraverso l’archeologia, mi sono messa sulle tracce di prove iconografiche. E ho scoperto che le immagini femminili predominavano nelle società neolitiche e paleolitiche. Ma queste antiche icone non venivano tramandate nelle università. Divenne la mia area di studi. La storia delle donne, oltretutto, richiedeva approcci interdisciplinari, includendo non solo documenti scritti, ma anche tradizioni orali, reperti archeologici, linguistica, economia, legge e studi comparati di religione.
In quali figure si è imbattuta durante le sue ricerche?
I turchi dell’Asia centrale hanno una ricca tradizione che celebra sciamane e amazzoni. In Malawi, c’erano le sacerdotesse del pitone conosciute come Makewana. Altre donne dalla valenza oracolare esistevano in un’ampia area dell’Africa orientale, dall’Uganda allo Zimbabwe, ancora nei primi decenni del XX secolo. In Italia, i registri dei processi inquisitoriale (e anche municipale) hanno dimostrato che le guaritrici - Gabrina degli Albeti, Bellezza Orsini, e Benvegnuda Pincinella - furono perseguitate sì per stregoneria ma anche per aver aiutato donne maltrattate, dal Medioevo fino ai tempi moderni. Le figure più affascinanti sono leader spirituali, come la filosofa e astronoma Ipazia di Alessandria, assassinata in quanto donna e a causa della sua lotta per la giustizia sociale. Poi c’è la meno nota Sosipatra, una veggente e insegnante di filosofia che visse sulla costa della Turchia nel IV secolo, Wei Hua-Cun ricordata come la fondatrice del taoismo di Shangqing in Cina. Lalla è una poeta mistica del Kashmir, Savinirmadi, che non si sposò mai, una studiosa nel Karnataka dell’XI secolo. In Giappone, la suora rinnegata Okuni fondò il teatro kabuki, una forma d’arte della quale le donne furono bandite. Sacerdotesse sciamaniche, come Wanankhucha degli Zigua in Somalia, e Alinesitoué Diatta in Senegal, guidarono movimenti anticoloniali. Lo stesso modello è noto nelle Americhe, con donne profetiche come Maria Candelaria in Chiapas e Toypurina in California, che ha combattuto il sistema delle missioni che rendeva schiavi i nativi.
Ci può dire qualcosa sull’archetipo delle streghe nel paganesimo e nell’era cristiana?
L’immagine demonizzata della strega che prevale nel cristianesimo non corrisponde alla realtà delle culture etniche altomedievali. Alle streghe ci si riferisce come veggenti, conoscitrici, profetesse, indovine e guaritrici (l’ho documentato nel terzo capitolo del mio libro Streghe e Pagane: Donne nella religione popolare europea,Enexia editrice, 2018). Ma per la chiesa erano una minaccia, così per lo stato feudale. Sono state diffamate e castigate nel corso dei secoli: una guerra culturale che si è propagata fra la gente comune.
Che relazione c’è tra il suo archivio e la cura per la terra e i viventi?
La maggior parte delle culture del mondo nutre riverenza per la terra, le acque e la rete della vita. Quando uno scrittore anglosassone tradusse una delle tante proibizioni sacerdotali che testimoniavano tale rispetto - le cerimonie europee intorno a pietre e alberi - aggiunse una frase significativa, «come insegnano le streghe». Se vogliamo sopravvivere, questo è ciò che dobbiamo recuperare e imparare. Le donne indigene ci stanno mostrando la strada.

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