INTERNAZIONALE

La battaglia della luce smaschera le bufale degli Usa e di Guaidó

Per Forbes è «realistica» l’idea del sabotaggio americano della rete elettrica. Il New York Times svela chi ha bruciato gli aiuti umanitari
CLAUDIA FANTIvenezuela/caracas

Ci vorrà ancora del tempo prima che l'elettricità torni stabilmente in Venezuela. Al primo black-out, iniziato nel pomeriggio del 7 marzo, ne era seguito un altro sabato, proprio quando la situazione sembrava avviata verso la normalità, facendo riprecipitare nel buio l'intero paese.
E ad aggravare la situazione si è pure registrata domenica notte l'esplosione - ignote ancora le cause - di un trasformatore elettrico a Baruta, nella periferia di Caracas.
E COSÌ IL GOVERNO HA DECISO di sospendere anche ieri le lezioni e le attività lavorative, determinato a «sconfiggere con la forza della verità e della vita il brutale attacco terroristico contro il popolo», secondo le parole del ministro della Comunicazione e dell’informazione Jorge Rodríguez. Alla denuncia del governo di «attacchi cibernetici, elettromagnetici e fisici» alla rete elettrica gli Stati uniti hanno risposto con sfottò di vario tipo, in cui si è particolarmente distinto il senatore repubblicano Marco Rubio. Il quale, dopo aver annunciato poche ore prima del black-out che i venezuelani avrebbero vissuto una gravissima «mancanza di alimenti e benzina», qualche minuto dopo il fatto era già al corrente, lui solo, che i generatori di supporto non avevano funzionato.
«Poche settimane fa il regime Maduro ha accusato le iguane di causare una grande mancanza di corrente. Abbiamo ora ricevuto il primo video di ciò che ha causato il black-out nazionale senza precedenti in Venezuela», ha scritto Rubio accompagnando al testo un’immagine di Godzilla che sputa fuoco dalle fauci.
MA SE GLI STATI UNITI hanno tentato di ridicolizzare la tesi del cyberattacco, proprio di questo, in passato, avevano accusato il governo russo, a cui l'amministrazione Obama aveva attribuito la responsabilità del black-out sofferto dall'Ucraina il 23 dicembre del 2015.
Del resto, che gli Stati uniti utilizzino tale arma è noto fin dal 2010, quando, per sabotare il programma nucleare iraniano, crearono un micidiale malware, denominato Stuxnet, che bloccò le centrifughe della centrale atomica di Natanz.
E ancora, nel 2016, fu il New York Times a rivelare l'esistenza di un piano elaborato dagli Usa per lanciare attacchi cibernetici contro le centrali nucleari dell'Iran, noto come Nitro Zeus.
A non trovare nulla di ridicolo nella tesi del governo Maduro è anche la rivista Forbes, che, in un articolo a firma di Kalev Leetaru, definisce «senz'altro realistica» l'idea «che un governo come quello statunitense intervenga a distanza contro la rete elettrica».
SOPRATTUTTO CONSIDERANDO come «l'obsolescenza di internet e dell'infrastruttura energetica del paese» possa facilitare tali operazioni, rendendo «relativamente semplice» il compito di «cancellare ogni traccia di intervento straniero».
E se i risultati di una ricerca pubblicati sul sito 15 y Último evidenziano anch'essi come la mancanza di investimenti e la carenza di manutenzione nel settore elettrico rendano il sistema più vulnerabile agli attacchi, l'autore di tale ricerca, Luis Salazar Rodríguez, esclude categoricamente «la possibilità tecnica» che un black out di tali proporzioni possa verificarsi solo a causa di tali problemi.
Ma non è solo intorno alla tesi del sabotaggio che si sta combattendo la «battaglia per la luce». Forte rilievo assumono anche le informazioni relative ai presunti decessi negli ospedali, con notizie come quella, rilanciata prontamente da Rubio, di un'ottantina di neonati morti a causa del black-out nell'ospedale di Maracaibo, smentita tuttavia dalla presidente del Collegio di medici dello Stato di Zulia Dianela Parra.
E se c'è chi parla di 21 vittime, come il deputato oppositore e medico José Manuel Olivares, e chi addirittura di 296, a negare «assolutamente» che vi siano morti è il ministro della Sanità Carlos Alvarado, il quale ha informato, sulla base del monitoraggio realizzato dal suo dicastero, che nel 90% delle strutture sanitarie del paese vi sono generatori elettrici perfettamente funzionanti. «Ci sono stati - ha detto - 15 o 17 pazienti che sono stati spostati verso altre strutture a causa di problemi, ma senza nessuna conseguenza grave».
INNUMEREVOLI del resto le fake news che circolano sulle reti sociali, a cominciare dai post con foto false della centrale idroelettrica di Guri relative in realtà al disastro avvenuto nel 2009 nella diga russa di Sayano-Shushenskaya.Che tante informazioni vadano prese con le pinze lo conferma, in maniera eclatante, anche il caso dei camion di aiuti a cui avrebbe dato fuoco il 23 febbraio, alla frontiera con la Colombia, la Guardia nazionale bolivariana.
Una notizia che, malgrado l'immediata smentita del governo, era stata riportata da tutti i mezzi di comunicazione, rilanciata dal vicepresidente Usa Mike Pence e persino denunciata in sede Onu dall'inviato speciale per il Venezuela, Elliot Abramos.
Ebbene, a dare ragione al governo Maduro è ora anche il New York Times, il quale, sulla base di immagini inedite a cui ha avuto accesso, indica come a innescare l'incendio sia stata, in maniera accidentale, «una bomba fatta in casa con una bottiglia» lanciata da un manifestante anti-governativo «contro la polizia che stava bloccando» il ponte Francisco de Paula Santander. Per il portavoce del National Security Council Garrett Marquis, tuttavia, non fa nessuna differenza: Maduro ha comunque «la responsabilità di aver creato le condizioni per la violenza».

Supporta il manifesto e l'informazione indipendente

Il manifesto, nato come rivista nel 1969, è sinonimo di testata libera, indipendente e tagliente.
Logo archivio storico del manifesto
L'archivio storico del manifesto è un progetto del manifesto pubblicato gratis su Internet e aperto a tutti.
Vai al manifesto.it