VISIONI

Nomine differenziate allo Stabile

ROMA
GIANFRANCO CAPITTAITALIA/ROMA

Finalmente il Teatro di Roma ha un nuovo direttore, Giorgio Barberio Corsetti. Dopo l’imprevista «fuga» di Antonio Calbi verso i lidi siculi dell’Inda, l’ente è rimasto molti mesi senza un responsabile (con interim temporaneo del presidente del cda Emanuele Bevilacqua). Ora dopo sondaggi e trattative estenuanti, finalmente il teatro ha il volto rassicurante e affabile del nuovo direttore. Che certo è un nome importante della scena italiana a partire dagli anni 70, ha accumulato molte esperienze all’estero, ha avviato processi innovativi decisivi proprio nel linguaggio teatrale, dalla contaminazione con la post dance americana all’uso protagonistico dell’immagine digitale in palcoscenico.
Oggi è il migliore nostri regista d’opera lirica, mentre in teatro la sua cultura e la sua fantasia rischiano talvolta l’inciampo (le sue recenti Rane da Aristofane hanno avuto successo di pubblico ma hanno fatto discutere chi non apprezza le tecniche umoristiche di Ficarra e Picone, che replicavano fin nell’Ade la mimica e le smorfie di Striscia la notizia). Auguri quindi alla sua nuova direzione, in attesa di belle sorprese.
Quello che convince meno è invece l’assenza di un direttore manager, nonostante il cda ne avesse ricevuti diversi in audizione. La decisione va in tendenza contraria a quella dei maggiori (e ricchi ed efficienti) teatri italiani, non solo «nazionali», da Milano a Torino a Firenze. Organizzazione, spirito di iniziativa, circuito, esperienza «burocratica» e pratica di compagnia sono saperi indispensabili per ottenere risultati di smalto in un teatro. Sono in qualche modo il carisma che una direzione (non artistica) deve possedere.
Per altro, con una decisione, questa sì, davvero discutibile, è stata nominata un’altra consulente per lo spazio dell’India, Francesca Corona. Lo spazio ex Mira Lanza era stato genialmente inventato da Mario Martone 20 anni fa come pura differenza spaziale: ora viene condannato a recinto di contenzione per il «pubblico giovanile» e un misterioso «nuovo teatro»: ghetto o asilo infantile? La forza di un teatro che non sia di piccola provincia, dovrebbe stare in una direzione libera di progettare a tutto campo. Si dice che il problema sia stato nelle pressioni politiche da parte degli enti soci, essenzialmente comune e regione, e di qualche potentato in disuso. Viene in mente che la Regione Lazio potrebbe applicarsi di più a dare spessore alle sua scelte nel campo. Non sarà un caso che negli ambiziosi e sacrosanti programmi attuali di Zingaretti, un progetto culturale sia l’assenza più vistosa.

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