POLITICA

Presidente, negazionista a chi? Trieste nel Giorno del ricordo

Clima teso, oggi a Basovizza c’è Salvini. Dal Colle un messaggio che trascura il contesto
ROBERTO CALOGIURIITALIA/Basovizza (TRIESTE)

Il 10 febbraio 1947 fu il giorno dei trattati di pace di Parigi, ma il Giorno del Ricordo delle vittime delle foibe - istituito per legge nel 2004 - è ancora un tentativo di concordare una verità difficile, che riaccende confronti e tensioni mai sopiti. In modo particolare a Trieste, dove le foibe fanno parte tanto del paesaggio carsico a ridosso della città, quanto della storia complessa, sofferta e indelebile dei confini orientali che determinò prima l’occupazione nazifascista dei territori dell’ex Jugoslavia, poi il futuro di istriani, fiumani e dalmati con l’esodo dalle proprie terre.
E RIGUARDO QUESTA STORIA e questa verità, il presidente Mattarella, nel suo discorso di ieri al Quirinale, sceglie una linea che sembra precisa: «Non si trattò - come qualche storico negazionista o riduzionista ha provato a insinuare - di una ritorsione contro i torti del fascismo» ma di «un odio, comunque intollerabile, che era insieme ideologico, etnico e sociale». Ma siccome l’importanza del contesto, vale a dire dell’occupazione criminale dei nazisti e dei fascisti italiani dei territori dell’ex Jugoslavia, per comprendere la tragedia delle foibe e la necessità di una «memoria corale», è sottolineata da tutti gli eminenti storici che di foibe si sono davvero occupati - Boris Pahor, Joze Pirjevec, Alessandra Kersevan, Ambrogio Fogar, Enzo Collotti, Giacomo Scotti, Davide Conti, Predrag Matvejevic - signor presidente ma con chi ce l’ha? Negazionista e riduzionista a chi? Quindi Mattarella ha rilanciato la missione dell’Europa, nata «per dire mai più guerra, mai più fanatismi nazionalistici, mai più volontà di dominio e di sopraffazione».
OGGI, QUASI IN SINTONIA con la posizione presidenziale, la cerimonia odierna, prevista alle 10.30 presso la foiba di Basovizza a Trieste (dal 1992 monumento nazionale), attende l’intervento del vicepremier e ministro dell’interno Salvini e del presidente del Parlamento europeo Tajani, con l’evidente intenzione di confermare la proiezione della questione delle foibe nella «dimensione europea» e di insistere su una versione politica e storica che accusa gli altri di essere «negazionisti o riduzionisti», troncando così il dibattito dialettico degli storici. E la memoria dei popoli.
IN EFFETTI, IL CLIMA CITTADINO si è riscaldato fin dai primi di gennaio: la presentazione del libro di Claudia Cernigoi sulle foibe triestine (Operazione Plutone, ed. KappaVu) sollecita il governatore leghista della regione Fedriga a bacchettare il sindacato dei giornalisti per essere «veicolo di promozione di un convegno negazionista sulle foibe» e la Rai per essere «tv di parte, con un chiaro indirizzo politico». E ancora, sulle foibe, la politica regionale disegna convergenze sorprendenti: di nuovo Fedriga guadagna il sostegno di Serracchiani e Rosato contro la proiezione di un documentario sulle foibe a cura dell’Anpi di Parma. Unanime il coro di condanna, cui si aggiunge l’azzurra Savino, rinforzato dal ministro Salvini che twitta categorico «Mi fa schifo chi nega, ancora oggi, lo sterminio di migliaia di Italiani da parte dei Comunisti».
E PER LE STRADE DI TRIESTE, l’atmosfera che si respira è altrettanto tesa: il 2 febbraio Casa Pound inaugura la sede giuliana - la quarta in regione - con il suo presidente nazionale, blindata alla stampa non gradita. Nel frattempo, non lontano, sfila un corteo di protesta organizzato da Trieste Antifascista, Anpi, Cgil, Rifondazione Comunista, Cobas e Arcigay. Il tutto senza il Pd, “non invitato”, impegnato in una manifestazione parallela perché - a detta del senatore Russo - disposto a osteggiare Casa Pound sì, ma «con risposte politiche» piuttosto che con la mobilitazione nelle piazze.
NELLE BRECCE di questa debole coesione, si infila la destra con i suoi tentativi di radicamento e provocazione: a Gorizia, a due giorni dalla cerimonia triestina – nella giornata della cultura slovena e della concordia - il braccio giovanile di Casa Pound affigge alcuni manifesti coi i motti “Devoti alla vittoria” e “Tamburo dell’Avanguardia” proprio sui muri delle scuole superiori slovene. “Nulla accade per caso” ha dichiarato il preside dell’istituto goriziano.
E INFATTI IERI, com’era immaginabile, il “fascismo di frontiera” si è materializzato anche a Trieste col presidio “Trieste non scorda” organizzato dal movimento neonazista “Veneto Fronte Skinheads”, “Comunità Avanguardia Nazionale Norditalia” e “Unione Difesa”. Il raduno si è svolto all’imbocco di una zona d’elezione storica dell’estrema destra, non lontana da Casa Pound.
A QUESTE MANOVRE DIVISIVE tra italiani e sloveni, la sinistra triestina risponde oggi, alla stessa ora della cerimonia di Basovizza, con “Il rione operaio e la sua anima slovena: una passeggiata nel rione di San Giacomo”. Qualche giorno fa, l’Istituto regionale per la storia della Resistenza pubblica il “Vademecum per il Giorno del Ricordo”. Il 14 febbraio Luciana Castellina presenterà un suo libro in una libreria non lontana da Casa Pound e dal luogo del presidio neofascista.
INTANTO, ATTORNO ALLA FOIBA, proprio accanto ai labari «negazionisti» - questi sì - della Xª Mas e a 700 alpini, ci sono anche 400 studenti provenienti da tutta Italia perché, dicono al Comune di Trieste: «La presenza dei giovani è un elemento che abbiamo fortemente voluto».

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