POLITICA

Divisi anche sulla lite, i gialloverdi ora abbozzano

PARIGI AFFONDA SULLE DEBOLEZZE DELL’ESECUTIVO
ANDREA COLOMBOfrancia/italia

La Francia non abbassa i toni. L’Italia invece sì e i governanti gialloverdi si sforzano di tenere il punto senza ingaggiare nuove risse. Di Maio stempera il possibile incidente Air France-Alitalia: «Una vendetta sarebbe gravissima ma non mi risulta che la poca disponibilità della compagnia francese sia un fatto di questi giorni». Poi derubrica lo scontro con l’Eliseo: «Con Macron siamo avversari politici ma come governi e popoli siamo amici. Non c’è nessuna lite, però non ci può chiedere di dialogare solo con En Marche». A smentire la seconda possibile «rappresaglia» ci pensa lo stesso Eliseo, negando di essersi rimangiato l’accordo sui profughi della Sea Watch 3.
Salvini, a sua volta, si lancia in un duetto ben poco acerrimo con l’omologo francese Castaner. Lo invita a Roma per «discutere di migranti e dei terroristi che da troppi anni sono in vacanza lì». Il francese gli risponde a brutto muso: «Non mi faccio convocare. Il dialogo deve essere rispettoso. I viaggi diplomatici si devono fare in maniera ufficiale». L’italiano evita il botta e risposta: «Ovviamente non voglio e non posso convocare nessuno. Sarò lieto di ospitare in Italia il prima possibile il mio collega per discutere e risolvere i problemi».
Non è la fine delle ostilità, che continueranno perché la messa in scena ha da entrambe le parti palesi fini elettorali. Il presidente francese usa oggi la recita a scopo di pura propaganda, come avevano già fatto in passato sia lui che i vicepremier italiani. Dietro l’angolo non c’è nessuna guerra, neppure commerciale o diplomatica tra Italia e Francia. E tuttavia la preoccupazione del Quirinale ha raggiunto in questi giorni forse il livello massimo dalla nascita del governo. È un allarme provocato non da quel che potrebbe succedere domani tra i due Paesi ma da quel che l’offensiva di Macron in parte indica e in parte rivela: lo stato molto vicino allo spappolamento del governo italiano e della maggioranza che lo sostiene.
Ieri, per tutto il giorno, è stato atteso invano un intervento del premier Conte, unica via per ridurre a una voce sola la babele di reazioni del governo. Quell’intervento non è arrivato, a conferma dello sfarinamento, lo stesso che probabilmente ha suggerito all’inquilino dell’Eliseo di lanciarsi in un simile affondo non tanto contro il governo «populista» quanto contro la sua componente oggi maggiormente in difficoltà, M5S.
Non è l’unico segnale che punti in quella direzione. Lo spread ieri ha toccato i 290 punti ed è un'impennata solo in parte dovuta allo stato dell’economia: la crisi era prevista, pur se meno severa. L’elemento chiave è probabilmente proprio la percezione da parte dei mercati che in Italia quasi non ci sia più un vero governo. La stessa percezione giustifica l’affondo europeo sulla Tav, suggerito e voluto proprio dalla Francia. La parola finale, fanno trapelare le solite «fonti europee» deve arrivare molto prima dell'estate, nelle prossime settimane, altrimenti l’Europa dirotterà altrove i fondi stanziati per la tratta Torino-Lione. Lo scontro, del resto, non è solo quello, combattuto su innumerevoli fronti, tra i soci della maggioranza. È una guerra di tutti contro tutti, come si è visto quando tra i 5S e il ministro dell’economia i toni, nella riunione del consiglio dei ministri, si sono alzati di molti decibel per il veto pentastellato alla riconferma del vicedirettore di Bankitalia Signorini, appoggiata invece dalla Lega. Senza contare lo stillicidio quotidiano del braccio di ferro sui tecnici del ministero, a partire dalla consulente di stretta fiducia di Tria Claudia Bugno, ora nel mirino dei 5S.
Ma forse il segnale più chiaro dello stato comatoso della maggioranza è la paura diffusa praticamente in tutti i palazzi della politica per l'esito delle elezioni di domani in Abruzzo. È una regione piccola, un test di solito di limitata importanza. Stavolta invece tutti temono che un eventuale risultato troppo negativo dei 5S possa portare fuori controllo una situazione già al limite. E che, senza uno scatto dei partiti di maggioranza o del premier, anche solo arrivare alle elezioni europee diventi un'impresa.

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