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La lezione di Eco contro l’agenda dettata da Salvini

A reti unificate
GIANDOMENICO CRAPISITALIA

Salvini, Di Maio, poi ancora Salvini. Una comunicazione di governo estrema, ossessiva, con Salvini a recitare la parte del protagonista assoluto. Più che a Renzi il pensiero corre a Berlusconi, agli anni del ’regime’ durante il suo secondo governo. Anche allora, come adesso, l’opposizione in Parlamento era attonita e muta, solo grazie a Moretti e ai girotondi partì una scossa salutare. Anche allora, come adesso, il leader passava di provocazione in provocazione, stava in tv, dettava l’agenda, faceva la vittima, amava presentarsi come perseguitato, dai ‘comunisti’, dai giudici, dagli uomini di cultura. Di quel Berlusconi Salvini ha raccolto la lezione e l’ha messa a frutto. Il risultato è quello che vediamo ogni giorno. Nel 2003 Umberto Eco scriveva un articolo per MicroMega, in alcuni passaggi ancora utilissimo per capire di cosa parliamo. Primo: Salvini (come allora B.) usa provocare quotidianamente, una tecnica che gli permette di restare al centro dell’attenzione, di dettare l’agenda, di suscitare la risposta degli avversari che così giocano sul suo terreno. Secondo: sempre come B., Salvini sovente ama fare la vittima, presentarsi come perseguitato dagli oppositori. Da Giletti ad esempio si è lamentato,«mi hanno dato del nazista, fascista, assassino, squadrista, leghista».

Gli oppositori commettono l’errore che Lakoff imputava ai democratici americani, cioè quello di non riuscire a cambiare spartito, restando dentro il frame imposto dai repubblicani al discorso pubblico. Per vincere occorre, per Lakoff, sgombrare il terreno comunicativo dalle strutture cognitive introdotte dagli avversari, con un atteggiamento attivo e non reattivo.

Per uscire da questa impasse proprio Eco nel 2003 suggeriva all’opposizione un paio di cose: a) scavalcare i media principali con altre tecniche (cosa non facile ma non impossibile); b) provocare a sua volta, per riprendersi la scena, magari ricorrendo con un po’ di machiavellismo anche a qualche azzardo propositivo. E qui arriviamo al punto. L’opposizione, e le sinistre, hanno finora fatto sempre il gioco del governo, giocando di rimessa rispetto alle continue provocazioni gialloverdi e con una doppia debolezza: di argomenti, viziati spesso dalle passate responsabilità e dai lunghi anni al governo, e di volti, troppo legati ad una stagione di sconfitte. Limitarsi a fare le pulci ai ministri dicendo no ( o, peggio, sposando le critiche delle imprese), denunciando la fatuità delle promesse, alzando alti lai per il deficit o la democrazia violata, anche quando è sacrosanto non porta lontano, soprattutto se non si ha la forza di una progettualità alternativa, di proporre un’altra narrazione, e con protagonisti credibili. Sud, investimenti, fiscalità, salute sarebbero tutti temi decisivi per una efficace contro-provocazione quotidiana, per un diverso storytelling con proposte forti capaci di colpire l’attenzione dell’opinione pubblica, o quanto meno ridare voce a chi oggi balbetta in una sterile difesa del passato.

Per fare ciò però ci vogliono a sinistra una politica e dei leader capaci di rovesciare il tavolo del pensiero unico degli ultimi decenni. Di cambiare registro. Imporre nuovi frames. Senza un pensiero vigoroso e anticonformista la nottata, per le sinistre, potrà essere lunga.

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