VISIONI

Reinventare l’immaginario nella sessualità

Fish&Chips, il festival torinese di cinema erotico, mette al centro corpi e desiderio per interrogare il presente
SILVIA NUGARAitalia/torino

È ormai giunto alla sua quarta edizione il festival torinese Fish&Chips dedicato al cinema erotico e del sessuale. Nonostante un titolo che in modo giocoso (e attento al marketing) allude a un’idea di sessualità genitale e dicotomica, di anno in anno la rassegna conferma la sua volontà di aprire uno spazio di visibilità a immaginari erotici e pornografici tesi a interrogare le norme patriarcali ed eterosessuali che imbrigliano corpi e desideri.
Come ogni festival, F&C ha due concorsi (per corti e lunghi) e cerca di rivolgersi a pubblici diversi, con un programma eterogeneo, un omaggio a Guardami di Davide Ferrario a vent’anni dall’uscita del film ispirato alla vita di Moana Pozzi, un tributo all’icona no wave Lydia Lunch e uno a Joe D’Amato con la proiezione di Antropophagus, un ricordo di Walerian Borowczyk con la proiezione del documentario HBO Love Express. The Disappearance Of Walerian Borowczyk di Kuba Mikurda e due focus tematici: il primo dedicato al sottogenere di animazione giapponese tentacle rape con la proiezione della saga Urotsukidoji. Legend Of The Overfiend di Hideki Takayama; il secondo incentrato sull’ecosessualità, approccio che porta avanti idee e pratiche che investono eroticamente alcuni elementi naturali come testimoniato dal videoartista cinese Zheng Bo, in mostra al Parco Arte Vivente di Torino fino al 24 febbraio, che nell’opera Pteridophilia I in programma al F&C documenta rapporti intimi tra uomini e felci.
In quest’ambito, il festival propone anche la proiezione del lungometraggio Water makes us wet. An ecosexual adventure della coppia Annie Sprinkle e Beth Stephens. Annie Sprinkle è la nota porno attivista che invitò le compagne femministe a risolvere il problema della pornografia non negandola ma realizzandone di migliore. Il film è un road movie ambientalista narrato dalla leggendaria Sandy Stone, che dà voce al pianeta Terra, in cui la scanzonata ma politicamente impegnata Sprinkle intraprende, insieme alla moglie, un viaggio attraverso la California per visitare dighe, bacini idrici e impianti di depurazione e per incontrare tecnici, biologi, artisti che raccontano l’importanza dell’acqua pubblica. Ne emerge un atto d’amore verso l’oro azzurro ma anche una vivace e appassionata denuncia delle responsabilità umane nei confronti dell’inquinamento e del cambiamento climatico.
ECCO dunque che «cinema del sessuale» non significa mostrare coiti a ripetizione ma interrogare le relazioni di potere che intercorrono tra noi e tra noi e l’ambiente circostante. Anche quando il sesso non è un pretesto per parlare d’altro, esso può essere oggetto di una ricerca estetico-politica dagli esiti interessanti come nel caso di Fuck them all di Maria Beatty in cui una serie di quadri fetish mettono in scena rapporti tra corpi transgender che sfidano le convenzioni della pornografia mainstream. Stesso discorso vale per il canadese Bruce La Bruce di cui è in programma l’ultimo cortometraggio Scotch Egg. Maestro del porno queer, La Bruce riesce a sorprendere sovvertendo la sovversione e dunque mettendo in scena gli amplessi di quella che in fin dei conti è una coppia uomo-donna solo che lui è un pornodivo gay e lei una fag hag nell’oscurità di quei locali BDSM da cui spesso le donne sono bandite.
IN PROGRAMMA al festival ci sono, però, anche film in cui la sessualità è esplorata in forme meno esplicite. È il caso per esempio del francese Sextape di Antoine Desrosières, racconto di formazione di una coppia di sorelle di origine magrebina nella periferia di Strasburgo, in cui una delle due si trova a fare i conti con la minaccia dell’odioso slutshaming, ovvero la stigmatizzazione della libertà sessuale delle ragazze spesso attuata attraverso atti di intimidazione e di cyberbullismo come la messa in circolazione di video che le mostrano mentre compiono atti sessuali. Il film sceglie di trattare un tema duro, che nella realtà può anche dar luogo a esiti tragici, in forma di commedia. Attraverso situazioni assurde, dialoghi demenziali e una messa in scena da sit com che può spiazzare, Desrosières filma in realtà un elogio della sorellanza e del piacere di autodeterminarsi pensato per spettatrici e spettatori della generazione #metoo.
La sessualità è quindi un ambito d’azione politico e sociale ma è anche un luogo di conoscenza e verità, di confronto profondo con noi stessi, con i nostri desideri, con le ragioni delle nostre inibizioni, con i limiti dell’accettabile. Non a caso F&C si è aperto con la proiezione di Touch me not di Adina Pintilie, vincitore controverso della Berlinale 2018. Il film ibrida documentario, autorappresentazione e finzione per un’esplorazione dell’intimità come ricettacolo delle paure ma anche delle risorse più profonde e inesplorate di ciascuno di noi. Pintilie mette in scena la sua relazione con tre diverse persone/personaggi: Laura non accetta il contatto fisico, Tomas non riesce a esprimere le proprie emozioni e Christian è affetto da una grave disabilità fisica ma legato alla compagna Grit da un forte rapporto d’amore.
IN UNA MESSA in scena dominata dal bianco, Pintilie filma immagini spesso sovraesposte che rendono visivamente l’impatto emotivo delle esperienze sulla nostra vulnerabilità di esseri umani mai sufficientemente preparati ad affrontare l’esistenza.
F&C si chiuderà domenica 20 con la premiazione dei film in concorso e con la proiezione di quattro corti della serie di produzione tedesca Sex School. Trattasi di un progetto di video di educazione sessuale esplicita che affronta temi diversi come la salute sessuale, i rapporti a tre, il consenso, la fluidità di genere condotto da professionisti del sesso come Bishop Black che sarà presente insieme alla regista Poppy Sanchez.

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