CULTURA

«L’altra galleria», a Perugia un Medioevo alternativo

MOSTRE
ARIANNA DI GENOVAitalia/perugia

Il deposito di un museo è quel luogo dove albergano tesori misteriosi, resi invisibili dal loro permanere lontani dallo sguardo, per ragioni di spazio, conservative o per politiche culturali. Ma, come testimonia la bella mostra perugina alla Galleria nazionale dell’Umbria (L’altra galleria, visitabile fino al 27 gennaio, a cura del direttore Marco Pierini, coadiuvato da un team di studiosi fra cui Michela Becchis, Andrea De Marchi, Gabriele Fattorini, Marzia Sagini) nel campo dell’arte - anche medievale - è difficile stilare una lista di beni di serie A e beni di serie B: non esiste un mondo di sopra e uno di sotto. Così, il grande patrimonio chiuso nei sotterranei torna alla luce in occasione delle celebrazioni del centenario della Pinacoteca, seguendo un filo discorsivo capace di intrattenere lo spettatore fra le sue maglie. Un filo tessuto tra sacro e profano, che narra in pittura la vita dei centri urbani e s’incammina nei secoli con conferme - e «deviazioni» geniali - all’iconografia religiosa del tempo.
NELLE SALE SFILANO maestri e collaboratori di bottega, con qualche sorpresa che aggiunge nuovi tasselli alla conoscenza. Il 24 gennaio, oltre alla presentazione del poderoso catalogo (Silvana editore), si terrà un convegno per proporre le novità critiche e cronologiche emerse durante gli studi preparatori per l’esposizione. Come, per esempio, un Salvator Mundi attribuito a Melozzo da Forlì, sbucato dopo un restauro. L’arte che fiorì in Umbria fra Medioevo e Rinascimento - si va dal Maestro dei dossali di Subiaco, a Meo da Siena, fino a Allegretto Nuzi, Rossello di Jacopo Franchi, Giovanni Boccati, Benedetto Bonfigli, Benvenuto di Giovanni, Dono Doni - trova qui un itinerario alternativo che esalta le caratteristiche della Scuola umbra (quel marcare l’espressione del volto e, naturalmente, la solidità fisica dei corpi, dovuta alla vicinanza con Assisi). E restituisce al pubblico - alcune per la prima volta, altri viste assai raramente - molte opere e nomi stessi di artisti che poi sono stati oscurati dalla fama di Pinturicchio e del Perugino.
IN MOSTRA, si può trovare la prima rappresentazione di san Galgano fuori dalla Toscana (mano ignota) e seguire le vicende di Meo da Siena, pittore di matrice duccesca. Divenne una personalità in loco, incontrando il favore dei committenti e nel 1319 risultava già essere iscritto al catasto come cittadino di Perugia.
L’altra galleria documenta anche lo scempio perpetrato su tavole e polittici medievali quando, alla fine del Settecento, cominciò a salire la febbre per i cosiddetti «primitivi». Sezionati, deturpati, ridotti in pezzi (il mito del «frammento») quei capolavori furono portati via dalle chiese per finire in case private o sul mercato antiquario, soprattutto inglese.

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