VISIONI

Censurato l’episodio di uno show Netflix reo di criticare bin Salman

ARABIA SAUDITA
GIOVANNA BRANCAARABIA SAUDITA

«Fino a pochi mesi fa Mohammad Bin Salman veniva trattato come il riformatore di cui il mondo intero aveva bisogno», è l’esordio dell’episodio «incriminato» di Patriot Act with Hasan Minhaj, in Italia Patriota indesiderato, lo show su Netflix del comico statunitense di origini indiane. Incriminato perché l’Arabia Saudita - riporta il «Financial Times» - ha minacciato azioni legali contro la piattaforma: a detta della commissione per le comunicazioni e l’informatica del Regno, la sesta puntata dello show intitolata proprio Arabia Saudita viola le leggi saudite contro la criminalità cibernetica. La piattaforma streaming ha quindi rimosso l’episodio dalla propria library - che varia di paese in paese - accessibile dal Paese del Golfo (anche se gli spezzoni incriminati sono ancora visibili sul canale YouTube di Netflix) e ha giustificato la propria scelta con un’apologia piuttosto ipocrita della libertà d’espressione: «Sosteniamo con forza la libertà d’espressione in tutto il mondo, e abbiamo rimosso l’episodio solo in Arabia Saudita dopo aver ricevuto una valida richiesta legale - e in osservanza della legge del Paese».
Nel suo show, Hasan Minhaj attacca il principe ereditario principalmente per l’omicidio del giornalista saudita del «Washington Post» Jamal Khashoggi - l’unica scusa che le autorità saudite non hanno usato per giustificare la sua sparizione, dice, «è che fosse morto in un incidente di free climbing» - e per la guerra in Yemen: «La più grande tragedia dell’era di MBS» e un’«atrocità globale».
MA PIÙ ANCORA che attaccare l’autoritarismo repressivo e sanguinario dell’erede al trono il comico mette in evidenza l’ipocrisia statunitense nel legame di lunga data con i sauditi - «È servito l’omicidio di un giornalista del ’Post’ perché il mondo si accorgesse che dopotutto MBS non è un riformatore», «Improvvisamente il matrimonio di convenienza degli Stati Uniti con l’Arabia Saudita comincia a sembrare datato» - con tanto di candida ammissione di Donald Trump per il quale sarebbe sciocco lasciare che qualche altro paese tragga beneficio dai miliardi sauditi.
SOLO L’ESTATE scorsa, ricorda Minhaj, nel corso del suo «tour» americano in cerca di investimenti per diversificare l’economia del Paese, il principe responsabile di centinaia di arresti di attivisti ed esecuzioni era stato «accolto come una rock star» dai pezzi da novanta dell’economia Usa, da Jeff Bezos a Bill Gates passando per un incontro glamorous con Oprah Winfrey. E Hollywood non era stata da meno nello spalancare le sue porte a MBS, mentre all’indomani dell’omicidio Kashoggi la talent agency Endeavor company si è affrettata a restituire i 400 milioni di dollari che aveva ricevuto da un fondo d’investimento pubblico saudita.
Ma, osserva Minhaj parlando del governo Usa, niente gli farà davvero «dire di no ai grassi assegni sauditi». E non si vede perché ci si dovrebbe aspettare un gesto più coraggioso da una grande corporation come Netflix.

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