VISIONI

La guerra di Halla, la maestra di canto che difende la Terra

«La donna elettrica» di Erlingsson, un film che racconta il nostro tempo
CRISTINA PICCINOislanda

La donna elettrica è una insegnante di musica e una donna in guerra. Cosa combatte? Tutto ciò che devasta la sua terra, l’Islanda, anzi la madre Terra di cui non sappiamo cogliere i segnali, sempre più forti, di malattia. Lei fa quello che può, per i più, istituzioni, governo, polizia è un’anonima ecoterrorista, pericolosa perché mina accordi economici molto fruttuosi di fronte ai quali la bellezza «pura» di quel paesaggio non conta nulla.
Benedikt Erlingsson, il regista di La donna elettrica ha detto di avere capito grazie a queste storie che i diritti della natura e quelli umani dovrebbero essere messi sullo stesso piano. Spiega: «La natura incontaminata ha un diritto a esistere ... A volte succede invece che lo stesso Stato, possa essere facilmente manipolato da interessi particolari contro il bene comune. Quando guardiamo alle grandi sfide che dobbiamo affrontare sulle questioni ambientali, questo ci appare chiaro».
E IN QUESTO suo secondo film - l’esordio è stato Storie di cavalli e di uomini - sa mettere a fuoco il senso (e il sentimento) di questa «lezione». La donna elettrica - che è anche il candidato agli Oscar per l’Islanda - è infatti profondamente dentro al nostro tempo, un racconto di resistenza su un tema sensibile nel quale possiamo ritrovare i movimenti contro chi continua a opporsi a ogni accordo sull’ambiente - Trump in testa - e quelli No tav in Val di Susa, quella dimensione di appartenenza (e di un fare) politica che sembra non esistere più altrove. È che nella battaglia di Halla (Halldóra Geirharðsdóttir) - un nome non scelto a caso visto che rimanda a una coppia di leggendari fuorilegge islandesi del XVII secolo - c’è quella contro la globalizzazione, i cinesi prima, i droni di controllo americani poi nel suo caso, la stessa che attraversa il pianeta fino all’America latina, dove il latifondo è divenuto sinonimo dello sfruttamento intensivo che divora la foresta amazzonica. La richiesta del rispetto per dove si vive, perciò anche per chi abita quei luoghi, per le economie che vengono travolte causando immiserimento e rancore, per la qualità dell’esistenza, per un’attenzione verso i diritti. Forse è questa la ragione del successo mondiale del film - che avrà un remake americano con la regia di Jodie Foster. Con la sua ballata surreale, suonata da un’orchestina nel mezzo dei campi, Erlingsson interroga questa attualità (e urgenza) senza sottolineature, preferisce la leggerezza della commedia seguendo le acrobazie del suo personaggio indomito sino alla fine, capace di sdoppiarsi pur di non cedere, che cresce con le stesse convizioni la propria figlia. Una linea tutta femminile. Come la Terra.

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