VISIONI

Suoni e immagini oltre i confini dello schermo

MOSTRE - «The Sound of Screens Imploding», da Bahar Noorizadeh a Neïl Beloufa gli artisti dell’edizione 2018
LORENZA PIGNATTIsvizzera/ginevra

Proiezioni e immagini in movimento che si espandono oltre gli schermi di proiezione per impadronirsi dello spazio e moltiplicare rifrazioni visive e sonore. È questa la Biennale de l’Image en Mouvement 2018, dal titolo «The Sound of Screens Imploding», che raccoglie al Centro d’Arte Contemporanea di Ginevra le installazioni di una decina di artisti che indagano le possibili trasposizioni/mutazioni dell’immagine video.
NATA NEL 1985, la Biennale ha svolto un ruolo pionieristico in Europa perché in quegli anni la videoarte e i film realizzati da artisti erano ancora relegati all’interesse di poche istituzioni pubbliche e/o private. Il dialogo e l’attrazione tra pratiche cinematografiche e artistiche era iniziato già con le Avanguardie, con Duchamp, Joseph Cornell, Dalì per proseguire negli anni ’60 con Andy Warhol, Stan Brakhage, Jonas Mekas, e poi con l’Expanded Cinema teorizzato da Gene Youngblood nel decennio successivo, solo per ricordarne alcuni. Negli ultimi anni la diffusione di film d’artista è stata pervasiva, basti pensare che il Turner Prize — il premio d’arte più prestigioso in Inghilterra — presenta quest’anno quattro autori che lavorano con il video. Andrea Bellini ha riformulato la Biennale nel 2014, trasformandola in un evento ibrido che include una mostra d’arte, installazioni video che si sviluppano sui quattro piani del museo, un film program, con proiezioni di film e documentari, e una serie di performance.
OGNI ANNO i curatori cambiano: dopo l’edizione del 2016 per la quale Andrea Bellini ha invitato tre curatrici, quest’anno l’invito è stato rivolto ad Andrea Lissoni. «The Sound of Screens Imploding» raccoglie le opere di autori di generazioni e di ambiti professionali eterogenei. La videoinstallazione Walled Unwalled di Lawrence Abu Hamdan si occupa del crescente numero di barriere territoriali che sono state erette negli ultimi anni tra gli Stati Sovrani. Se nel 2000 erano 15, ora sono più di 60. In uno studio di registrazione l’artista e ricercatore sonoro, giordano d’origine e di base a Beirut, legge i risultati di ricerche scientifiche di carattere urbanistico e territoriale, per contrapporle a quelle riguardanti l’informazione molecolare, in grado di attraversare resistenze di muri e barriere difensive. Le ricerche sonore di Abu Hamdan, che collabora regolarmente con il Forensic Architecture, centro di ricerca del Goldsmiths College di Londra, sono presentate come videoinstallazioni in musei e gallerie e utilizzate anche come prove in contesti legali e giudiziari, come è accaduto con la prigione di Saydnaya in Siria. La videoinstallazione dell’artista marocchina Meriem Bennani attinge da fatti di cronaca per creare opere dalle tinte distopiche. L’artista immagina come in un futuro prossimo gli Stati Uniti possano costruire isole nell’Oceano Atlantico in cui relegare immigrati irregolari attraverso il teletrasporto. Isole che assumono le dimensioni di grandi e vivaci megalopoli. Bennani contamina il linguaggio dei reality show televisivi, della pubblicità e dei reportage per dar vita a una riflessione amara in cui la slapstick comedy più cupa si intreccia con la fantascienza.
NEI GIORNI dell’inaugurazione sono stati presentati dagli autori i video commissionati e prodotti dalla Biennale. Una decina di corti che si possono vedere al cinema Dynamo, all’ultimo piano del museo, fino al 3 febbraio, giorno di chiusura della mostra. After Scarcity è il film-saggio fantascientifico dell’iraniana Bahar Noorizadeh riguardante la nascita e lo sviluppo della cibernetica in Russia tra il 1950 e il 1980. Noorizadeh si è servita di found footage rielaborati con immagini di sintesi per riportare alla luce il tentativo degli scienziati di creare un’economia automatizzata, aliena da istanze burocratiche.
NEÏL BELOUFA ha invece realizzato un reality show ambientato a Teheran, dai toni claustrofobici e distopici sorta di allegoria sulle mancate relazioni tra Stati Uniti e Iran. Eduardo Williams ha girato un road/skate movie in Guinea-Bissau, accompagnato dal voice over del poeta argentino Mariano Blatt, che parla del senso di straniamento nel raccontare la sue impressioni sul paese. Straniamento e derive psicogeografiche sono presenti anche in The Lost Line, documentario di finzione di Florent Meng. Una troupe cinematografica attraversa il tunnel Engaña, costruito con il lavoro di molti prigionieri politici repubblicani durante la dittatura di Miguel Primo de Rivera nel 1925, nei Monti Cantabrici in Spagna, ma che non fu mai terminato.
Al termine del tunnel la troupe scopre una stazione abbandonata, nel cui seminterrato è operativo un laboratorio di ricerca dell’università di Saragozza che studia la materia oscura. La passione per la ricerca scientifica è presente anche in Abyss, film-saggio di James Richards & Leslie Thornton, artisti in residenza al Cern di Ginevra, realizzato con straordinari materiali scientifici d’archivio.

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