CULTURA

L’Acquedotto mediceo di Pisa si può smontare come il Lego

La proposta del neosindaco leghista Michele Conti di demolire tre arcate
LORENZO CARLETTI, CRISTIANO GIOMETTIitalia/pisa

La cultura ai tempi della Lega ci proietta in un paese chiuso e bigotto, in cui i beni culturali e il paesaggio sono disconosciuti, maltrattati, considerati un intralcio. Pisa, città che nel Medioevo fu luogo di incontro di culture diverse del Mediterraneo, oggi è palestra di nuove sperimentazioni in direzione diametralmente opposta e con prospettive (buie) tutte da analizzare.
Si pensi alla vicenda dello splendido Acquedotto mediceo che dai Monti Pisani giunge alle mura della città. Voluto dal granduca Ferdinando I de’ Medici nell’ultimo decennio del XVI secolo, l’Acquedotto fu completato nel 1613 sotto Cosimo II.
I suoi 954 archi in pietrame e laterizi attraversano i campi coltivati per sei chilometri e disegnano un lungo filare che ben rappresenta la ricchezza del paesaggio toscano. Solo che là si vuol far passare la Tangenziale Nord-Est, opera di forte impatto ambientale, un progetto fortemente voluto dal Pd, che la nuova amministrazione leghista intende realizzare.
IL PROGRAMMA di mandato appena presentato dal neo-sindaco leghista Michele Conti propone di «demolire tre arcate», così «con quanto si risparmierebbe se ne potrebbero ricostruire almeno dieci di quelle ora mancanti e consolidare il resto oggi dissestato». Polemiche e ironie lo hanno indotto a una piccola rettifica: «si smontano tre arcate dell’acquedotto e si rimontano», magari in mezzo alla rotatoria.
Questa vicenda lascia intendere quale sia l’interesse per i beni culturali e paesaggistici della giunta leghista di Pisa. Se proprio qualcuno si risente per l’eventuale demolizione degli archi si possono sempre smontare e rimontare. Anzi è la storia stessa che si smonta e si rimonta come mattoncini Lego, per questo nello stesso documento programmatico si legge che «il vero Rinascimento nacque a Pisa molto prima che a Firenze» con «la scuola geniale di Andrea, Giovanni e Nino Pisano», confondendo due generazioni di scultori (Andrea era il padre di Nino, entrambi vissuti nel Trecento, per niente imparentati con Giovanni, figlio di Nicola de Apulia).
L’ESALTAZIONE DEL PASSATO alla ricerca delle «origini identitarie» porta a rinnegare un capolavoro dell’arte contemporanea presente in città come Tuttomondo di Keith Haring, definito dall’attuale assessore alla cultura «modestissimo e banalissimo murale di ispirazione metropolitana [...], che qualche mente perversa (e profondamente, grottescamente radical chic) autorizzò una trentina di anni fa».
CONTESTUALMENTE la giunta approva ordinanze che vietano di sedersi su gradini di chiese, palazzi e monumenti; al contempo però propone di trasformare la vasariana Piazza dei Cavalieri in una location d’eccezione con quattromila posti a sedere, così da permetterne «l’assegnazione a società di organizzazioni di grandi eventi». Del resto, nello stesso documento si parla di «cultura, intesa sia come promozione di attività ed eventi» sia come «rispetto e valorizzazione del nostro patrimonio artistico e paesaggistico, [AFFINCHÉ]possa costituire un importante volano di sviluppo per la nostra Città». Valorizzazione (economica), tutela zero.
«IDENTITÀ» E «TRADIZIONE», così come l’aggettivo possessivo «nostra», la fanno da padroni. Vale la pena riportare questo brano, sempre nel programma di mandato: «Con la riproposizione di feste e giochi antichi e legati alla tradizione, una comunità cittadina vuole ricercare e ristabilire le identità e combattere gli esiti distruttivi della laicizzazione perseguita nella seconda metà del XX secolo: con l’alibi della società multiculturale si è inteso demonizzare il radicamento e il senso del Sacro. L’osservanza delle ricorrenze legate al calendario locale rischiava, in questo quadro, di nuocere alle politiche di annullamento delle differenze». Anche questa battaglia identitaria si risolve in una poltiglia di date da riscoprire, dalla nascita di Galileo alla festa di Sant’Antonio, dalla ricorrenza della battaglia di Montecatini (1315) a quella della cacciata dei Fiorentini da Pisa (1494).
Del resto, la stessa poltiglia culturale compare in prima serata Rai1 in una fiction dedicata ai Medici, caratterizzata da una sequenza di svarioni storico-artistici talmente eclatanti da farli apparire una scelta surrealista della produzione. Il matrimonio tra Lorenzo il Magnifico e Clarice Orsini, per portare un esempio tra i tanti, ha come location il ninfeo di Villa Giulia a Roma, la cui costruzione ebbe inizio soltanto nel 1551. Peccato che Lorenzo fosse morto nel 1492. La produzione della fiction è americana, ma la poltiglia culturale è la stessa.

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