CULTURA

La sartina che cuciva la stoffa della sua libertà

NARRATIVA
ARIANNA DI GENOVAITALIA

In una città dickensiana, dai contorni geografici non ben definiti, dove gli uomini lavorano a giornata e le donne nelle case dei «signori» per pochi spicci e un pasto caldo, in un appartamento modesto e senza fronzoli vive una bambina con sua nonna 52enne che, pazientemente, la inizia ai segreti della sartoria. Lo fa nella convinzione assoluta che, con la sapienza del cucito, quella nipotina rimasta orfana potrà guadagnarsi il pane e, soprattutto, respirare il profumo dell’indipendenza.
Imbastire vestiti per gran donne e confezionare corredi ai nuovi nati o alle frementi spose, è la via umile per assicurarsi non certo il paradiso, ma un’esistenza rispettabile, lasciando alloggiare se stesse nella decenza, al fine di evitare di cadere in basso. Come lo spettro di quella lontana cugina ancora ammonisce: insidiata dal padrone, accusata di essere una ladra quando si era ribellata alla sue avances e poi mandata a marcire in un bordello.
IL PREZZO DA PAGARE alla perizia nell’utilizzo di ago e filo, a fine Ottocento, è l’analfabetismo: sempre meglio non saper leggere e scrivere che andare a scuola per studiare cose che poi, chi è povero, non potrà mai mettere in atto da nessuna parte. Alla sartina allevata nel culto della precisione dei suoi «punti» e «ricami», protagonista del libro Il sogno della macchina da cucire (Bompiani, pp. 230, euro 18) di Bianca Pitzorno, però quei grilli per la testa verranno ugualmente. E, in fondo, appropriarsi del mondo tramite la parola scritta da altri/e sarà la sua salvezza.
La scrittrice sarda (è nata a Sassari nel 1942) torna in libreria con un romanzo potente, raccontando l’educazione professionale e sentimentale di una ragazza che si trova a sperimentare i primi passi nella vita, albergando nella classe sociale che la vede fra gli ultimi, proprio a cavallo tra quei due secoli in cui tutto andava mutando a velocità supersonica. Presto, l’industrializzazione avrebbe spazzato via il suo mestiere di cucitrice a domicilio e così quello delle sue amiche e vicine di quartiere (la stiratrice con figlia che abita in un umido seminterrato senza finestre e pagherà con la morte quella sua mancanza di luce, forse anche interiore).
Ma Pitzorno, conosciuta per una serie di personaggi femminili che hanno segnato la storia della letteratura per young adults (basti pensare alla rivoluzionaria e «anticapitalista» Lavinia) ferma la macchina del tempo e fa un affondo su un mondo in via di sparizione, attingendo a figure quasi mitiche della sua infanzia nonché alla sua stessa nonna.
LO RESTITUISCE con i colori vividi della quotidianità, lasciando che sia popolato da una comunità variegata, connessa da un tessuto sociale forte e tendenzialmente congelato, dove a ognuno viene chiesto di starsene disciplinatamente al proprio posto per poter conquistare uno spicchio di visibilità e decoro.
Nonostante gli steccati rigidi e i confini da non oltrepassare, la sartina che seguiamo nei suoi pomeriggi indaffarati, così come nelle sue improvvise emozioni d’amore, insieme al cucito a mano e a macchina (rigorosamente con la manovella) impara in un baleno - anche a sue spese - che coltivare le relazioni sociali con il luccichìo dell’intelligenza e il calore del cuore è la strada maestra per uscire dal cono d’ombra e mettersi in cammino. Per diventare, insomma, una «fuori casta» vincente.

Supporta il manifesto e l'informazione indipendente

Il manifesto, nato come rivista nel 1969, è sinonimo di testata libera, indipendente e tagliente.
Logo archivio storico del manifesto
L'archivio storico del manifesto è un progetto del manifesto pubblicato gratis su Internet e aperto a tutti.
Vai al manifesto.it